sabato 11 luglio 2015

Figli e figliastri. Vincenzo Scarpetta esce dall'armadio dei ricordi

Foto: Archivio Privato
V. Scarpetta
Il figlio di. Il fratello di. Il cognome ingombrante di un padre quasi leggendario, un fratellastro considerato a pieno titolo un mostro sacro del teatro italiano. E così Vincenzo Scarpetta è rimasto a lungo nella penombra, quasi nelle retrovie di una famiglia "tanto lustra e illustrata". Ora finalmente un volume appena pubblicato, il primo di tre previsti, ci offre la possibilità di scoprire, o riscoprire, un grande artista della scena napoletana della prima metà del Novecento.

Percorrendo la biografia di Eduardo De Filippo, dai primi anni della sua formazione artistica e fino quasi alla nascita della compagnia "Il Teatro Umoristico" insieme a Titina e Peppino, spessissimo ci si imbatte nel nome di Vincenzo Scarpetta, nella cui compagnia Eduardo ha recitato a lungo ed a più riprese. Figlio legittimo del "patriarca" Eduardo, unico accanto a svariati fratelli naturali, nati da relazioni che suo padre ebbe con diverse donne, il destino di Vincenzo apparve scritto fin dalla più tenera età. Nato nel 1877, debuttò a dieci anni (anche se tre anni prima aveva già calcato il palcoscenico del Teatro Rossini a Napoli come interprete di una canzone) nel celeberrimo ruolo di Peppeniello, appositamente scritto per lui nell'altrettanto celebre commedia paterna "Miseria e nobiltà". Pur mostrando fin da giovanissimo una spiccata predilezione ed un naturale talento per la musica, si trovò quasi "costretto" a dedicarsi invece alla recitazione per volontà del padre, il quale vide in lui il suo unico erede in palcoscenico. Questo tuttavia non impedì a Vincenzo di comporre canzoni, oltre alle musiche delle sue commedie, alcune delle quali concepite proprio in forma di parodie musicali. Tra le sue passioni anche il café-chantant, molto in voga nei primi anni del secolo scorso e che lo avvicinò alla cantante e ballerina Eugénie Fougère, con la quale visse una grande storia d'amore, fortemente osteggiata, ancora una volta, da Eduardo Scarpetta.