giovedì 24 maggio 2012

Tanti auguri, Eduardo

"Caro, carissimo Eduardo,
che cosa dirTi, in questa occasione, in questa ricorrenza lieta, che non suoni banalmente retorico oppure che non ripeta, con altre parole, quello che tanti […] Ti hanno detto e scritto in occasione del Tuo ritorno a Milano dopo tanti, troppi anni? Posso dirTi, per esempio, che cosa ha significato, per quelli della nostra generazione, che cosa avete significato Tu, Titina (l'adorabile Titina) e Peppino, quando eravamo, come si dice, ancora giovani. Era un misto di popolaresco e di verace, di credibilità naturalistica e di sublimazione etica, non veristica. Era una ventata, nella stagna ragnatela di quegli anni, venuta d'improvviso a portare un segno di lealtà nei confronti della storia, un segno di sicurezza nei confronti dell'individuo, un segno di «positività» (quanto risulta «datata» questa parola) nei confronti della società, per certi versi disperata ma non ancora nello sfacelo. […] Posso dirTi, per esempio, che «Adda passa 'a nuttata» per il teatro italiano non è solo una «battuta» teatrale, ma quasi una lezione di vita, una mesta contemplazione del passato e insieme uno sguardo verso un Domani che sia, speriamo, molto vicino all'alba piuttosto che agli anni avvenire. Perché, lo sai bene, Eduardo, veniamo da lontano, ma andiamo lontano. […] In questi giorni, nella nostra città, sei un altro Miracolo a Milano, così come lo sei stato e lo sarai, certo, domani in altri Paesi lontani. Perché il Tuo ridere e il Tuo piangere, caro Eduardo, non sono Tuoi, sono nostri. Sono il ridere e il piangere della Povera gent di Bertolazzi, sono i sentimenti umani degli uomini che ancora hanno un cuore, una volontà di fare, un rifiuto istintivo alla sopraffazione, al sopruso, all'ingiustizia. Posso dirTi, per esempio, che il mio augurio di oggi non va ai Tuoi ottant'anni di vita, anzi al Tuo quarto ventennio, ma al Tuo palcoscenico, alla Tua arte d'attore, al Tuo magistero umano, alla «lezione» che da tanto tempo vai impartendoci; e dunque all'augurio che dalla prossima stagione, ancora, si ripeta quel meraviglioso incontro con una Tua «novità»; sempre eguale e sempre diversa, come hai sempre fatto e come ci hai sempre insegnato a decifrare che la vita è così.
Con sincero affetto, con un po' di commozione, con un caldo abbraccio il Tuo
Giorgio Strehler"

(Giorgio Strehler, La Stampa, 24 maggio 1980)