giovedì 30 ottobre 2014

Paola Quarenghi. «Eduardo, un artista, "a man"»

Sono molte le voci che in questi giorni,  a trent'anni dalla sua scomparsa, vengono a ricordare la figura di Eduardo. Convegni, rappresentazioni, trasmissioni televisive, il mondo dello spettacolo e quello accademico gli rendono omaggio attribuendogli l'importanza che merita nel panorama culturale del nostro Paese.

Paola Quarenghi
Paola Quarenghi, docente in Discipline dello Spettacolo presso la facoltà di Lettere e Filosofia all'Università La Sapienza di Roma, è una delle più autorevoli studiose in materia. Ha pubblicato libri e articoli su Eduardo, ha curato insieme ad Antonella Ottai  l'edizione in DVD delle commedie e l'edizione critica delle Cantate per i "Meridiani" Mondadori, insieme a Nicola De Blasi. Persona affabile e molto alla mano, ho avuto la fortuna di incontrarla in alcune occasioni e per me, appassionata "dilettante" che ha divorato e assorbito i suoi testi, imprescindibili per chi si voglia addentrare nello studio di Eduardo, è stato veramente un enorme piacere conoscerla. Dunque, tra i vari ricordi a lui dedicati, non posso non segnalare il suo, apparso sul sito dell'Associazione Culturale "Doppiozero".
Chi affiderebbe oggi un mostro sacro come Eduardo De Filippo alle cure di una ragazzetta di ventotto anni senza arte né parte? Tanti ne avevo quando Ferruccio Marotti mi mise, come assistente, al fianco di quest’uomo ultraottantenne, artista severo e, secondo la vulgata, di cattivo carattere, al quale aveva offerto un contratto per insegnare drammaturgia agli studenti della Sapienza. All’epoca ero borsista CNR presso l’Istituto del teatro e dello spettacolo, ma che titoli potevo vantare per quella delicata missione? Nessuno. A malapena avevo letto o visto in televisione alcune delle sue commedie più famose; non avevo particolari competenze organizzative; non ero nemmeno napoletana. È vero che i compiti che mi si richiedevano erano piuttosto semplici: dovevo andare a prelevarlo a casa e riaccompagnarlo con una cinquecento rossa prestata da una collega, Luisa Tinti; dovevo fare l’appello, tenere un diario degli incontri e raccogliere gli elaborati degli studenti. Non mi si richiedeva, per fortuna, di intervenire, di fare sfoggio di un sapere che non avevo. Un po’ di pazienza e la capacità di ascoltare erano doti su cui potevo contare, allora assai più di oggi. E tanto bastava. (continua a leggere su Doppiozero.com)

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