lunedì 9 novembre 2009

In principio fu una divisa da maresciallo

"A teatro la suprema verità è stata e sarà sempre
 la suprema finzione"

Credo di ricordare esattamente le circostanze in cui realizzai tra me che mi trovavo di fronte ad un vero genio del teatro. Potevo avere 18, forse 19 anni, assolutamente digiuna di cultura teatrale. Stavano trasmettendo in TV la versione televisiva de "L'Arte della Commedia", scritta da Eduardo nel 1964.
Andò in scena la  prima volta nel 1965 ma fu tolta dal cartellone quasi subito. Si tratta di una commedia particolare che all'epoca non risultò gradita nelle alte sfere poiché si ritenne inopportuno che un uomo di teatro potesse mettere in discussione le istituzioni stesse che controllavano il suo lavoro. Fu sostituita in cartellone da "Uomo e galantuomo"  e subito pubblicata nella Collezione di Teatro di Einaudi.
Eduardo in quella occasione inserì una Avvertenza dell'autore:

"Vorrei spiegare perché L'Arte della Commedia va in stampa senza prefazione. Vari critici hanno scritto brillantemente sull'argomento, cogliendo uno o più lati interessanti, e io li ringrazio [...] Ma questa è una commedia strana, formalmente e sostanzialmene diversa dalle altre; desidero perciò che il lettore giudichi con la propria testa, si formi una sua idea del lavoro, e decida da solo se la commedia è valida o no, teatrale o non teatrale (alcuni l'hanno ritenuta una "noiosa  conferenza sul teatro"), pericolosa (al punto da meritare una censura televisiva) o no. Voglio farvi solo una raccomandazione: tenete presente che questa commedia non l'ho scritta solamente per la gente di teatro - come alcuni affermano - ma per tutti noi, giacché i problemi di cui tratta riguardano la nostra vita e quella dei nostri figli".

Protagonista della commedia è Oreste Campese, capocomico di una compagnia teatrale itinerante che, a seguito di un incendio, ha perso tutto il suo "patrimonio": le scene, il tendone; tutto tranne la cassa dei trucchi e dei travestimenti. Campese si reca dal prefetto del piccolo paesino in cui è avvenuto l'incidente, appena insediato nel nuovo incarico, per chiedergli di partecipare, dando lustro con la sua presenza, ad una  rappresentazione  che permetterà di raccogliere denaro sufficiente per affrontare il viaggio che porterà la compagnia ad unirsi a quella di un capocomico amico.  L'incontro tra i due darà l'avvio ad una discussione piuttosto accesa sui rapporti tra lo Stato e il teatro, sulla condizione degli attori e sulla questione se il teatro sia o meno di pubblica utilità. Il prefetto è alla fine piuttosto infastidito e, convinto di essersi sbarazzato di Campese con il foglio di via per poter raggiungere la compagnia dei suoi colleghi, gli consegna invece la lista delle persone che dovrà ricevere quella mattina. Il capocomico gli lancia la sfida insinuandogli il dubbio che tra  coloro che andranno ad incontrarlo potrebbero nascondersi gli attori della sua compagnia.
Nel secondo atto sfilerà davanti al tavolo del prefetto una varia umanità che andrà a presentare casi personali piuttosto curiosi. Fino all'ultimo né il prefetto, né lo spettatore sono in grado di stabilire se Campese abbia davvero attuato la sua minaccia. L'arrivo del maresciallo dei carabinieri è atteso dal prefetto per smascherare finalmente la finzione del teatrante. Il maresciallo sta per entrare quando...

CAMPESE: Un momento!
DE CARO: (illuminandosi) Ah, finalmente hai deciso di venire a più miti consigli!
CAMPESE: No, eccellenza. Volevo soltanto farle sapere che tra il vestiario di una compagnia teatrale non è difficile trovare una divisa da Maresciallo dei carabinieri. (Rivolto alla porta) Avanti!

Sipario.

Ebbene, quella sera, quando ho assistito a questo finale, ho deciso che avrei dovuto leggere tutto di questo grande artista. Ho iniziato da lì e non mi sono più fermata.


Sullo stesso argomento:
8 gennaio 1965. L'arte della commedia

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