venerdì 11 giugno 2010

Parole mbrugliate

Questo libro è un viaggio. Non è una biografia, è qualcosa di più.  
L'autore è Emilio Pozzi, giornalista e docente di Storia del teatro e dello spettacolo all'Università di Urbino.
Il libro nasce dal progetto (poi accantonato) di scrivere una ennesima biografia, per realizzare la quale Pozzi aveva iniziato a raccogliere materiale, in particolare interviste, testimonianze dirette di chi (attori, registi, critici, giornalisti ecc.) lo aveva conosciuto. A distanza di anni questo materiale è stato riunito e, come le tessere di un puzzle, contribuisce a tracciare un ritratto di Eduardo molto particolareggiato, umano e artistico e, a differenza di una vera e propria biografia, può essere letto anche "in ordine sparso", senza cioè seguire necessariamente l'ordine dei capitoli.

Nell'introduzione Pozzi ricorda come Eduardo, a chi gli chiedeva come mai non avesse mai pensato di scrivere un'autobiografia, rispondesse «Quando me ne andrò, voglio lasciare tutte le cose mbrugliate».
La prefazione è di Ferruccio Marotti; in appendice una curiosità: uno studio grafologico realizzato dall'Istituto superiore di Grafologia dell'Università di Urbino, che si conclude così: «Stando così le cose, l'analisi invita, oltre che all'ammirazione del genio, anche a molta comprensione»…

Tra le tante testimonianze di personaggi noti, come ad esempio Indro Montanelli, Enzo Biagi, Giulio Einaudi, Sofia Loren e tantissimi altri, mi ha colpito un capitolo in particolare, intitolato Lettere da e a una professoressa. Nel 1978 una professoressa di italiano di un Istituto tecnico commerciale di Terni "osò" scrivere a Eduardo per illustrare un progetto che stava portando avanti con i suoi allievi e che prevedeva, per l'intero anno scolastico, lo studio approfondito delle sue opere. Eduardo, non solo rispose a quella prima lettera ma invitò gli alunni a dargli una loro opinione sulla commedia Il Sindaco del Rione Sanità, che aveva appena finito di registrare per la TV, gettando i ragazzi quasi nel panico... Seguirono altri scambi epistolari, la professoressa incontrò anche personalmente Eduardo nel suo camerino, in occasione di una rappresentazione romana, fino al 1983.
Questo mi ha condotto a fare due riflessioni: il falso mito della "cattiveria" di Eduardo e il rimpianto per aver avuto, ai miei tempi, un'insegnante di italiano che, in un "prestigioso" liceo classico della capitale, non è stata capace di svolgere neanche il minimo previsto dal programma ministeriale...

Una volta arrivata alla fine di questo libro, è stato quasi spontaneo fare mio quanto scritto da un critico teatrale, Luigi Antonelli, che nel 1937 aveva preparato un "coccodrillo" per Eduardo che, ammalatosi di tifo, sembrava dovesse morire da un momento all'altro:

«Non ho il cuore di staccarmi da lui. Mi pare che, dopo aver finito di parlarne, egli debba svanire da me per sempre e perciò vorrei continuare a discorrere di lui col lettore, ininterrottamente».

Questa citazione è riportata nella postafazione di "Parole mbrugliate" e secondo me rende molto bene la sensazione che si prova dopo aver letto il libro. È un viaggio incantevole nella vita di Eduardo che mi sento di consigliare davvero a tutti quelli che lo hanno amato.

Emilio Pozzi, Parole mbrugliate. Parole vere per Eduardo, Bulzoni Editore


giovedì 3 giugno 2010

"Come se niente fosse"

«Ieri sera Eduardo De Filippo, col suo cuore a transistor, è tornato al palcoscenico dell'Eliseo e ha ricominciato a recitare come se niente fosse davanti a un pubblico che spesso ha cercato di non applaudirlo per non procurargli un'emozione violenta. [...] Il pubblico sentiva, intuiva che all'attore, al cuore dell'attore, al gran cuore di Eduardo doveva essere evitata l'emotiva violenza insita, scaturente da applausi troppo scroscianti. Ma non sempre riusciva a frenarsi. Eduardo era lì di nuovo sotto le luci della ribalta, vispo, arzillo, bravo come sempre, padrone di quel suo volto scavato, che esprimeva soltanto ciò  che l'attore gli permetteva di esprimere e sul quale l'arte, a comando, può cancellare persino i segni dell'umana sofferenza.
Stette per quasi tutto il primo tempo in piedi monologando col pubblico degli "esami che non finiscono mai". Ebbe un mezzo sorrisetto ironico, quando una battuta del copione parlò di "mal di cuore", e scosse la testa come a scacciare un fugace pensiero. Eduardo ammiccava come soltanto lui sa fare, ma non tutte quelle contrazioni che apparivano sul volto mobilissimo erano destinate al pubblico. Certi ammiccamenti erano rivolti a se stesso, come conferme di una serata che lui già sapeva sarebbe andata così, una serata tutto cuore, accettata come una scelta di vita dall'attore, con predominio sull'uomo e le sue ansie e le sue angoscie. A un dato momento del secondo tempo [...] si ebbe la sensazione che l'esame più grosso, più difficile, anche più drammatico, era quello che Eduardo affrontava minimizzando di fronte al pubblico la sua sofferta infermità, non facendola mai pesare, muovendosi nel miglior stile napoletano del "Come se niente fosse"».
(Nino Longanesi, Il Messaggero, Roma 28 marzo 1974)
Da Eduardo, Fiorenza Di Franco, Gremese Editore (1983)

Nel 1974, durante le rappresentazioni della commedia Gli esami non finiscono mai al Teatro Eliseo di Roma, Eduardo ebbe delle brevi perdite di coscienza che lo costrinsero ad operarsi per l'applicazione un pace-maker. Fu lui stesso ad annunciarlo al pubblico ed agli attori della compagnia alla fine dell'ultima rappresentazione che si svolse il 3 marzo. Il 24 marzo tornò in palcoscenico e proseguì le recite per altre quattro settimane.


martedì 1 giugno 2010

Con Eduardo

Giuliana Gargiulo, nata a Sorrento, è una giornalista e scrittrice. Alla fine degli anni '50 lavorò per circa tre anni nella compagnia Scarpettiana, che Eduardo aveva formato quando ricostruì, dal cumulo di macerie in cui lo aveva ridotto la guerra, il Teatro San Ferdinando a Napoli. Della compagnia facevano parte attori come Pupella Maggio, Ugo D'Alessio, Pietro De Vico, Franco Sportelli, Pietro Carloni e molti altri.
Dalle pagine del quotidiano di Napoli Il Giornale Eduardo aveva lanciato un concorso per scritturare attrici per la compagnia e la giovanissima Giuliana Gargiulo, insieme a Maria Carolina Alba, Elena Tilena e Graziella Marina, riuscì a superare le selezioni e ad entrare nella Scarpettiana.

Questo libro è il diario che la Gargiulo tenne in quegli anni ed in cui racconta, in pagine piene di entusiasmo e spontaneità, l'esperienza di recitare accanto ad un personaggio che aveva già raggiunto la fama di "mostro sacro" del teatro. Dall'euforia per il successo ottenuto nelle selezioni, alle prove, alle prime rappresentazioni, le prime recensioni. E poi naturalmente gli insegnamenti, qualche delusione, i momenti di stanchezza.
Fa quasi tenerezza la pagina che descrive il giorno in cui decise di andare a "parlare con Eduardo", nonostante i suoi colleghi di compagnia avessero cercato di dissuaderla «dicendo che cadrò in disgrazia, che mi dimostrerò invadente, che Eduardo si seccherà». Armata di coraggio e faccia tosta e accompagnata da Elena Tilena, bussa al camerino e, dopo i primi momenti di imbarazzo si svolge una breve conversazione. Lo descrive come un uomo «timido, pieno di complessi, però le sue parole sul teatro sono d'oro».

Idealmente questo libro può collegarsi al diario che, nell'estate del 1959 scrisse Isabella Quarantotti durante i mesi passati sull'isola di Isca. In una pagina della Gargiulo datata settembre 1958,  mentre la compagnia si trovava al Piccolo Teatro di Milano per aprire la stagione, compare anche lei e viene descritta come una ragazza carina e stravagante che, nonostante il freddo di Milano, "pare" non avesse ancora messo le calze.
Quando poi Giuliana Gargiulo, nell'estate del 1959, comunicherà al "Direttore" di non poter riconfermare la sua presenza nella compagnia perché prossima alle nozze, Eduardo, che in quei giorni si trovava proprio sulla sua isola, la raggiungerà a Sorrento per farla desistere dall'abbandonare il palcoscenico, senza peraltro convincerla.


Il diario si conclude con alcune pagine scritte tra la fine degli anni '70 e la fine degli anni '80 che documentano una continuità di frequentazione, nonostante l'abbandono delle scene.

«Torno all'isola di Eduardo [agosto 1989]. Ci sono Luca con Paola, Matteo, Tommaso e la piccola meravigliosa Luisella. […] Parliamo di Eduardo. Tanti atteggiamenti di Luca e dei suoi figli, tanti posti dell'isola, tante caratteristiche della casa ricordano Eduardo.
Dormo nella "stanza di pietra", la stanza che Eduardo fece costruire e nella quale dormì a lungo perché "è la più fresca di tutte".
C'è una quiete ed una pace enorme. Dalla "stanza di pietra" si vedono soltanto mare e rocce.
Sono immersa nel silenzio del mare. Ripenso ad Eduardo. Diventa inevitabile il ricordo ed il grande significato del suo silenzio».

Giuliana Gargiulo, Con Eduardo. DiarioColonnese Editore