domenica 11 novembre 2012

"Difendete questo teatro"

Si è svolto ieri a Napoli presso il teatro San Ferdinando l'incontro con Luca De Filippo e le donne che hanno partecipato al laboratorio teatrale La grande magia: le donne, curato dall'associazione F. pl. femminile plurale e facente parte del progetto Atelier Teatrali Territoriali.


Fortemente voluto dall'Assessore alla Cultura del Comune di Napoli, Antonella Di Nocera (non a caso una donna?), il progetto ha la finalità di avvicinare il quartiere al teatro. Protagonisti del progetto infatti sono le donne, i giovani ed i bambini del quartiere che sono fisicamente entrati in questo luogo.


La responsabile del progetto, Marina Rippa, ha sottolineato come durante il laboratorio siano emerse, in un percorso a ritroso a partire dalle storie del quartiere, di cui le donne del laboratorio sono state protagoniste o testimoni, le analogie con le storie delle donne del teatro di Eduardo.

Luca De Filippo si è soffermato in particolare sulla funzione del teatro nella realtà del territorio, ricordando come suo padre fosse fermamente convinto della necessità che il San Ferdinando dovesse fungere da catalizzatore per la gente del quartiere che doveva arrivare a considerarlo come la propria casa. Ha quindi ricordato come Paolo Grassi, creatore del primo Teatro Stabile nella città di Milano, ritenesse che un teatro sovvenzionato da denaro pubblico dovesse essere destinato al "popolo" e non ad una élite di pochi privilegiati. Ha affermato quindi la funzione sociale del teatro ovvero quella di fornire degli strumenti di crescita ai suoi fruitori e di porsi come luogo di confronto.
Ha quindi esortato le donne protagoniste del laboratorio: «Difendete questo teatro!», quasi a voler affidare loro un patrimonio prezioso del quartiere e della città di Napoli, che può vantare una tradizione teatrale e culturale difficilmente eguagliabile.

Il progetto si concluderà il 16 dicembre e l'auspicio di tutti i presenti è stato quello che esperienze simili non rimangano eventi isolati. Purtroppo la difficoltà a reperire fondi è un problema di non facile risoluzione ma l'assessore ha assicurato che percorrerà ogni possibile strada per poter ripetere iniziative analoghe.




Leggi anche:
Eduardo, progetto del teatro San Ferdinando sulle sue donne (Napolionline)
Le donne del teatro di Eduardo al San Ferdinando
Luoghi. Il teatro San Ferdinando

Luoghi. Il teatro San Ferdinando


«La mia vera casa è il palcoscenico, là so esattamente come muovermi, cosa fare:
nella vita sono uno sfollato»

Nel febbraio del 1948 Eduardo acquistò quel che restava del teatro San Ferdinando, ridotto ad un cumulo di macerie dai bombardamenti che durante la Seconda Guerra Mondiale colpirono la città di Napoli.
Il teatro, eretto nel 1791-97 da Ferdinando I di Borbone, si trova nel quartiere di San Lorenzo, all'epoca zona periferica della città. Quella di Eduardo fu una scelta precisa: creare nel cuore di un quartiere "difficile" un punto di aggregazione e di cultura per i suoi abitanti, dove dar vita ad una scuola di attori e tecnici e nella quale far rivivere la tradizione del teatro napoletano affinché questa fosse di ispirazione anche per i nuovi autori.

L'impegno economico che dovette affrontare fu enorme. Non ottenne aiuti dallo Stato, che pure aveva incluso tra gli edifici di pubblica utilità, e quindi aventi diritto alle sovvenzioni per la ricostruzione post-bellica, le sale cinematografiche. I teatri non furono ritenuti di pubblica utilità così Eduardo ricostruì il San Ferdinando con le sue sole forze, chiedendo prestiti alle banche, accettando scritture per il cinema che, a fronte di un impegno minore rispetto al teatro, gli garantiva guadagni maggiori.

Il teatro fu inaugurato nel 1954 con la commedia di Antonio Petito Palummella zompa e vola. Rivolgendosi ai napoletani, nel fascicoletto pubblicato in occasione dell'inaugurazione, Eduardo scrisse:

«[...] Comme me venette ncapa 'e fravecà stu teatro nun v' 'o ssaccio dicere, 'o cert'è ca miezo Pontenuovo 'o San Ferdinando ce sta n'ata vota. È mio? A me nun me vo' trasì ncapa ca songo 'o patrone, pecché scusate: vuie quando v'avite accattato nu palco o na pultrona, pe' chelli ddoie ore ca dura 'o spettacolo, site patrune vuie.
Insomma voglio dicere ca songo patrune tutte chille ca s'accattano 'o biglietto e traseno, e tutte chille ca traserranno quanno nuie simmo muorte tutte quante. [...]».

sabato 3 novembre 2012

Le donne del teatro di Eduardo al San Ferdinando

Nell'ambito del progetto "Atelier Teatrali Territoriali. La grande magia", promosso dall'Assessorato alla cultura del Comune di Napoli e con l'adesione della Fondazione Eduardo De Filippo, il prossimo sabato 10 novembre alle ore 17:00, presso il teatro San Ferdinando si terrà un incontro dal titolo "Concetta, Amalia, Filumena e le altre: le donne del teatro di Eduardo". L'incontro, coordinato da Giulio Baffi, vedrà la partecipazione di Luca De Filippo, in scena proprio al San Ferdinando in questi giorni e fino all'11 novembre con la messa in scena della commedia La Grande Magia.



L'incontro è frutto del laboratorio dal titolo La grande magia: le donnecurato, nell'ambito del progetto, dall'associazione F. pl. Femminile plurale.

Come si legge nella presentazione del laboratorio: «La grande magia - le donne è uno spazio di esplorazione dei linguaggi teatrali e di elaborazione di progetti che hanno una forte continuità nonché un legame stretto col quartiere attraverso le persone che più di tutte ne conoscono fatti e misfatti: le donne.
Con il racconto, con il corpo e con il canto si analizzano le differenti scelte ed esperienze generazionali, senza giudizi o pregiudizi, alimentando scambi di storie, memorie, sogni. Si tratta di un lavoro sull'espressione corporea, sulle possibilità vocali, sulle immagini, sulla composizione, sulla manualità e il teatro d'attore, attraverso il quale conoscere meglio se stesse, le proprie capacità espressive e creative.
Il laboratorio è organizzato come una formazione esperienziale: il materiale narrativo verrà raccolto a partire dalle emozioni e dai vissuti delle partecipanti, mettendole in relazione coll'immaginario femminile di Eduardo De Filippo».  



Per saperne di più:
Atelier teatrali territoriali
Il San Ferdinando riparte... dai bambini
Educazione teatrale al San Ferdinando

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mercoledì 31 ottobre 2012

Il punto di arrivo... il punto di partenza


«Si dice che nella vita dell'uomo c'è un punto di partenza ed un punto di arrivo, di solito riferiti all'inizio e alla fine di una carriera. Io, invece, sono convinto del contrario: il punto di arrivo dell'uomo è il suo arrivo nel mondo, la sua nascita, mentre il punto di partenza è la morte che, oltre a rappresentare la sua partenza dal mondo, va a costituire un punto di partenza per i giovani.
Perciò a me la morte m'incuriosisce, mi sgomenta, ma non mi fa paura, perché la considero la fine di un ciclo - il  mio ciclo - che però darà vita ad altri cicli legati al mio. Soltanto così, anche se non crediamo in un dio al di fuori di noi,  possiamo sperare nell'immortalità. Non quella clamorosa d'un Dante o d'un Leonardo, ma pur sempre immortalità, in quanto qualcosa di noi viene trasmesso ad altri esseri umani, giovani, i quali, a loro volta, dopo aver esaminato il "lascito" e scartato quello che non gli serve, alla fine del loro ciclo passeranno la mano [...] ad altri giovani.
I cicli, sempre uguali e sempre diversi, si susseguono, accogliendoci tutti nella loro inarrestabile evoluzione. Una immortalità umana, quindi limitata, ma all'uomo è stato concesso il dono di sognare, che non è poi piccola cosa...
Dunque, questi miliardi di punti di partenza, che miliardi di esseri umani, morendo, lasciano sulla terra, sono la vita che continua. La vita che continua è la tradizione. Se un giovane sa adoperare la tradizione nel modo giusto, essa può dargli le ali. [...] Naturalmente, se si resta ancorati al passato, la vita che continua diventa vita che si ferma - e cioè morte - ma, se ci serviamo della tradizione come d'un trampolino, è ovvio che salteremo assai più in alto che se partissimo da terra!»

martedì 30 ottobre 2012

"La Tempesta" su Radio3

Il prossimo giovedì 1 novembre (*) alle ore 20:30 il programma "Tutto esaurito! Trenta giorni di teatro a Radio3" in onda su Rai3, dedica la serata alla trasmissione de "La tempesta" di William Shakespeare registrata da Eduardo nella sua traduzione in napoletano del '600. Questa versione non è mai stata trasmessa integralmente ed è certamente un'occasione imperdibile per gli appassionati ed i cultori dell'arte di Eduardo.



Il calendario del programma, giunto alla sua seconda edizione partita ieri e che si concluderà il prossimo 30 novembre, presenta diversi appuntamenti interessanti. Da segnalare in particolare altre due serate dedicate ad Eduardo: il 13 novembre alle 23:30 "Sik-Sik l'artefice magico" con Carlo Cecchi, Arturo Cirillo, Iaia Forte e Tommaso Ragno, regia di Carlo Cecchi; il 16 novembre alle 22:50 l'atto unico "Occhiali neri", con Eduardo e, tra gli altri, Pupella Maggio, Regina Bianchi. (leggi il calendario completo del programma).

(*) Per motivi tecnici la messa in onda della Tempesta è stata rimandata. Al suo posto è stato trasmesso l'atto unico Sik-Sik l'artefice magico, inizialmente previsto per il 13 novembre. È possibile scaricare il podcast collegandosi a questo link


Per saperne di più
Eduardo traduce Shakespeare
Tempeste
Eduardo e Shakespeare. Parole di voce e non d'inchiostro

lunedì 22 ottobre 2012

Attori in cerca di autorità

È di questi giorni la notizia che il prefetto di Napoli ha redarguito un sacerdote di Caivano, noto per il suo impegno contro i clan che gestiscono il traffico di rifiuti tossici, per essersi rivolto al prefetto di Caserta chiamandola "signora". Non ho potuto fare a meno di andarmi a rileggere questo dialogo da "L'arte della commedia", tra il capocomico Oreste Campese ed il Prefetto De Caro.


DE CARO  (impaziente) Campese, allora che vuole? Si sbrighi, non mi faccia perdere tempo.
CAMPESE   abbiamo messo su un lavoro nuovo, scritto da mio figlio e da Gualtiero mio genero: «Occhio al buco della serratura». Invece di raccontare una sola vicenda che a volte si stiracchia per tre atti, hanno pensato di raccontarne quindici, brevemente, e indipendentemente l'una dall'altra. Quindici casi insoliti che al finale della rappresentazione danno al pubblico l'impressione di avere sorpreso l'intimità di quindici famiglie mettendo l'occhio al «Buco della serratura» per quindici volte.
DE CARO   Ah, interessante.
[...]
CAMPESE   [...] Ognuno di noi ha dai dodici ai quindici travestimenti. Ci trucchiamo, alteriamo le voci, diventiamo grassi, magri, grossi, gobbi... abbiamo salvato la cassetta dei trucchi... e in sole due ore di spettacolo.
DE CARO   Allora?
CAMPESE   Se Vostra Eccellenza volesse onorare con la sua presenza lo spettacolo di domani sera, io e i miei compagni gliene saremmo riconoscenti per tutta la vita. L'annuncio soltanto metterebbe a rumore il paese: «Con l'intervento della massima autorità, Sua Eccellenza il Prefetto». Dalla ribalta io le rivolgerei un indirizzo di omaggio...
DE CARO   (impermalitosi) Io le risponderei dal palco...
CAMPESE   Garantisco un teatro gremito. E così parto con i soldi miei...
DE CARO   Campese, lei è pazzo. Mi sono accorto della sua pazzia, poco fa, mentre mi parlava sui problemi del teatro. Se ne vada e si accontenti di quel che le dico. Ho delle responsabilità, ho da pensare a fatti seri, che riguardano il mio ufficio; non ho tempo per assistere alle sue... (Si ferma in tempo, sbuffa, poi risolve) Sì... alle sue rappresentazioni.
CAMPESE   Voleva dire un'altra cosa, Eccellenza.
DE CARO   (scattando) Alle sue buffonate! Va bene? Contento?
CAMPESE   Ma non sono buffonate. Si tratta di fatti veri, casi crudeli, tragici, grotteschi, accaduti sul serio, raccolti e annotati da Gualtiero e Filippo durante le nostre peregrinazioni per i paesi, per le montagne...
DE CARO   Caro lei, sono a contatto della verità in ogni ora del giorno. Si ricordi che si trova di fronte al Prefetto. Non ho bisogno di mettere «l'occhio al buco della serratura».

domenica 7 ottobre 2012

Un filmato inedito per il Piano Marshall e altre storie

Su "Il Mattino" dello scorso 5 ottobre è comparso un articolo sul ritrovamento di un filmato inedito girato da Eduardo nell'immediato dopoguerra. Si tratta di quello che oggi chiameremmo "spot" propagandistico per il Piano Marshall, destinato probabilmente alla diffusione attraverso i cinegiornali. Il filmato è stato rinvenuto negli archivi della Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Sembra che lo spot, probabilmente realizzato nell'ambito di una campagna europea per la promozione del progetto di aiuti da parte degli Stati Uniti, non sia mai stato proiettato, tanto che né gli studiosi né gli stessi eredi erano a conoscenza della sua esistenza. La pellicola era in pessime condizioni e la Cineteca Nazionale, consultato il presidente della Fondazione De Filippo, Francesco Somma, ne ha avviato il restauro. Un'analoga collaborazione tra la Cineteca e la Fondazione ha riguardato di recente il restauro di un cortometraggio di Enrico Guazzoni del 1916 di cui è protagonista Vincenzo Scarpetta, dal titolo Il gallo nel pollaio, ritrovato nella cineteca di Oslo. La Fondazione De Filippo ne ha finanziato il restauro ed il film, arricchito da una nuova colonna sonora con musiche dello stesso Vincenzo Scarpetta (*), sarà presentato dalla Fondazione De Filippo entro la fine dell'anno.

Lo spot sul Piano Marshall ha per titolo "Monologo" ed è girato sulla falsa riga della celeberrima scena del balcone nella commedia Questi fantasmi!, protagonista Pasquale Lojacono che conversa con il suo dirimpettaio "invisibile", il professore Santanna. Il filmato si conclude con una  battuta che può dare adito ad una interpretazione forse non molto efficace dal punto di vista pubblicitario; Lojacono infatti si rivolge al professore dicendo: "Che dite prufesso', sarà 'na cosa bbona stu piano Marshall?". Questa chiosa mi ha fatto tornare in mente uno scritto, presente nel volume 'O canisto (poi nel libro di Isabella Quarantotti Eduardo, polemiche,  pensieri, pagine inedite) dal titolo "L'America ci aiuterà?", datato 1947. Si tratta di un intervento che Eduardo fece in occasione di una messa in scena di Filumena Marturano per i giornalisti del Sindacato della stampa parlamentare, alla quale erano presenti anche importanti esponenti della classe politica dell'epoca. In attesa che venissero ultimati gli ultimi ritocchi alla scena, Eduardo si rivolse alla platea con queste parole:

venerdì 28 settembre 2012

Tommaso D'Amalfi


Nel 1963 Eduardo non portò spettacoli in teatro con la sua compagnia e svolse la sua attività principalmente in ambito televisivo. Realizzò infatti per la RAI lo sceneggiato in sei puntate Peppino Girella, tratto da una novella scritta dalla moglie Isabella, oltre a registrare un secondo ciclo di sue commedie. Curò inoltre la regia lirica del Don Pasquale di Donizetti per il Festival di Edimburgo.

Quell’anno tuttavia scrisse un dramma in musica di ambientazione storica dal titolo Tommaso d’Amalfi, ispirato alla figura di Masaniello, il protagonista della rivoluzione napoletana del 1647. Compì preliminarmente accurate ricerche, consultando esperti e fonti autorevoli che lo aiutarono a delineare il quadro storico della vicenda. Il testo fu scritto per la compagnia della Commedia Italiana di Domenico Modugno il quale, oltre a vestire i panni di Masaniello, fu anche autore delle musiche e produttore dello spettacolo.

In estrema sintesi, la storia è quella della rivolta sollevata a Napoli nel 1647 dal pescivendolo Tommaso Aniello D’Amalfi per ribellarsi alle tasse che vessavano il popolo, al grido di «Viva il Re di Spagna, mora il mal governo! Senza gabelle!». Quando scoppia la sollevazione il Viceré si vede costretto a fare delle concessioni. Consigliato dal cardinale Filomarini tuttavia, riesce a tendere un tranello a Masaniello; lo convoca infatti per firmare il trattato di pace e gli fa pervenire un magnifico abito che egli dovrà indossare per recarsi a palazzo. Masaniello, insospettito, è riluttante a vestire quei panni tanto preziosi con i quali sente di tradire la sua origine di uomo del popolo; il cardinale però lo convince della necessità di accettare il dono, facendo leva anche sulla religiosità dell’uomo.

IL CARDINALE:  […] Il Vicerè ha creduto di rendere omaggio al popolo napoletano e a te, invitandoti a corte. Chi credi di essere? Dove credi di essere arrivato? Rifiuta pure l’invito, disprezza l’omaggio, ma non potrai evitare la scomunica che il pastore del popolo farà cadere sulla tua testa di pietra».

Quando il popolo lo vedrà con indosso un tale abito, inizierà a diffidare di lui ed il Vicerè approfitterà per spargere la voce che Masaniello è impazzito.

mercoledì 19 settembre 2012

Luoghi. San Biagio dei Librai


CONCETTA: Don Rafè, mi credete, mi è venuto lo sconfido...
RAFFAELE: Ma c' 'o dicite a fa'... io saccio tutte cose...
CONCETTA: C'avit' 'a sapé... che avit' 'a sapé... Io sono una povera martire. 'O cielo m'ha voluto castigà cu' nu marito ca nun ha saputo e nun ha voluto fa' maie niente. In venticinque anni di matrimonio m'ha cunsumata, m'ha ridotto nu straccio. Che so' cchiù chella 'e na vota? E se non era pe' me, chissà quanta vote sta casa sarebbe andata sotto sopra.
Via San Gregorio Armeno
RAFFAELE: Io e mia moglie lo diciamo sempre: vuie avivev' 'a nascere c' 'o cazone!
CONCETTA: Adesso avete detto una cosa santa. (Indicando il Presepe) Vedete se è possibile: n'ommo a chella età se mette a fa' 'o Presebbio. So' juta pe' le dicere: «Ma che 'o ffaie a fa'»...voi capite, don Rafe', nuie nun tenimmo criature, me pare na spesa e nu perdimento di tempo inutile... sapete che m'ha risposto? «'O faccio pe' me, ci voglio scherzare io!» Che ne volete sapere... Adesso è uscito.
RAFFAELE: E come correva!
CONCETTA: È andato a San Biagio dei Librai, dice che doveva comprare certi pastori che si sono rotti.

Natale in Casa Cupiello, atto II
in Cantata dei Giorni Pari, a cura di A. Barsotti, Einaudi, pagg. 381-382

martedì 17 luglio 2012

Educazione teatrale al San Ferdinando

E' stato presentato ieri al Teatro San Ferdinando di Napoli il progetto "Atelier Teatrali Territoriali", promosso dall'Assessorato alla cultura del Comune di Napoli, con l'adesione della Fondazione Eduardo De Filippo ed a cura dell'Associazione I Teatrini. Lo scopo del progetto è quello di dare vita ad una serie di attività di promozione teatrale, rivolte in modo particolare ai giovani, per creare una cultura del teatro e per formare quello che sarà il pubblico di domani.
La sede di questa interessante iniziativa è proprio presso il San Ferdinando, in una prospettiva di valorizzazione del teatro che fu di Eduardo e che suo figlio Luca ha donato al Comune di Napoli nel 1996.

Acquistato nel 1948, praticamente ridotto ad un cumulo di macerie, Eduardo investì tempo e denaro nella sua ricostruzione, coltivando il sogno di renderlo un centro di rilancio culturale per una delle zone degradate della sua città ed un luogo in cui tenere viva la tradizione teatrale napoletana. 
Particolarmente significativo il coinvolgimento nel progetto dei giovani, da sempre nel cuore di Eduardo che tra l'altro si occupò, nella sua veste di senatore a vita, del recupero dei ragazzi detenuti nelle carceri minorili.

mercoledì 4 luglio 2012

Tecnica e vocazione umana

«Recita sapendo tutto della recitazione (non si lascia sfuggire un'occasione scenica pur assorbendola nel rigore dello stile) ma effettivamente non recita. Esiste. E ciò è prodotto da una tecnica consapevolissima, nata dalla migliore tradizione del palcoscenico, unita a una vocazione umana dolorosa e irriverente, pietosa e sospettosa, fatalistica e sentimentale, renitente e confidenziale, che si risolve in continua testimonianza umoristica del mondo quotidiano».

(Roberto Rebora, Sipario, n. 190 febbraio 1962 - Recensione a Il sindaco del Rione Sanità)

giovedì 21 giugno 2012

Avimmo perza 'a chiave

PASQUALE [...] (Maria siede vicino al tavolo) ... come ci riduciamo... Che tristezza... Come finisce tutto l'entusiasmo, tutto l'amore. Mesi e mesi senza scambiare una parola, un pensiero... E pensare che uno, quanno iesce, p' 'a strada le pò capità qualunque cosa... Se pò gghì sott' a n'automobile, nu camionne... nu colpo 'e rivultella pe' sbaglio... Il pericolo di non rivedersi più! Ma niente, nun ce facimmo capace... E 'a quanto tiempo nun te sento parlà... Te ricuorde, Mari', quanno facevamo 'ammore? Ce guardàvemo dint' all'uocchie e nun parlàvemo per timidezza, ma cu' ll'uocchie ce dicévemo tanta cose. E io mi sentivo infelice, nel senso che mi sentivo goffo vicino a te, perché mi sentivo niente... E quanno uno se sente niente, tutto diventa più facile, più piacevole... Per qualunque cosa si trova il rimedio: pure 'a morte addeventa bella! Si scherza, si ride, senza quel preconcetto di superiorità... E invece no, s'ha da mantené 'o punto. E, forse, ci portiamo un cuore gonfio di amarezza, di tristezze, di tenerezze, che se solamente per un attimo riuscissimo ad aprire l'uno con l'altro... Ma niente... Ha da sta' chiuso, rebazzato... A nu certo punto se perde 'a chiave e va t' 'a pesca! Avimmo perza 'a chiave, Mari'!... (Si avvia triste).

Da "Questi fantasmi!", atto III, pagg. 178
(Cantata dei giorni dispari, vol. I, a cura di Anna Barsotti, Einaudi)

giovedì 14 giugno 2012

Bene mio e core mio

Per la stagione teatrale 1955-56 Eduardo presenta la novità Bene mio e core mio, commedia nella quale ripropone temi legati ai conflitti che si sviluppano all’interno della famiglia, in questo caso rappresentata da una coppia di fratello e sorella. Il titolo è mutuato da un’espressione tipicamente napoletana che lo stesso Eduardo spiegherà in una nota di regia inclusa nel programma di sala. L’espressione sta ad indicare i torti che in maniera inaspettata si subiscono, ad opera di familiari, per motivi di interesse mascherati da affetto disinteressato. Nella presentazione della edizione televisiva della commedia Eduardo aggiunse che «[…] noi vediamo tutti i raggiri, […] tutti i mezzi, tutti i sotterfugi che usano questi familiari per fare i propri interessi. È un gioco, una girandola. È una commedia abbastanza cattivella».

Protagonisti sono Lorenzo Savastano, un restauratore i quadri antichi, e sua sorella Chiarina. Entrambi non sposati, lui intorno ai cinquant’anni, lei passati da poco i quaranta, abitano nella grande casa appartenuta ai genitori ormai defunti,  riccamente arredata e portata avanti con estrema dedizione da Chiarina. La loro tranquilla quotidianità viene sconvolta nel momento in cui Lorenzo decide di apportare dei cambiamenti nell'appartamento. Chiarina sospetta che suo fratello abbia intenzione di sposarsi e di conseguenza intravede per se stessa un futuro di solitudine, non più padrona ma ospite nella sua stessa casa. Di fronte alla reazione estrema della sorella, che minaccia di gettarsi dalla finestra, Lorenzo prende la decisione di accettare un lavoro in America.

Durante i mesi della sua assenza la donna intreccia una relazione con il verduraio Filuccio, un giovane sveglio e dal carattere aperto che fa breccia nel cuore della triste Chiarina. La donna rimane incinta e teme la reazione di Lorenzo, che ha annunciato il suo ritorno a casa. I suoi timori tuttavia svaniscono quando si rende conto che suo fratello ha accolto con serenità la notizia. Filuccio dal canto suo dichiara di essere intenzionato a sposare Chiarina. Nel momento in cui si affrontano le questioni pratiche legate al prossimo matrimonio, Lorenzo inizia a sospettare che le intenzioni del giovane non siano del tutto disinteressate.

giovedì 24 maggio 2012

Tanti auguri, Eduardo

"Caro, carissimo Eduardo,
che cosa dirTi, in questa occasione, in questa ricorrenza lieta, che non suoni banalmente retorico oppure che non ripeta, con altre parole, quello che tanti […] Ti hanno detto e scritto in occasione del Tuo ritorno a Milano dopo tanti, troppi anni? Posso dirTi, per esempio, che cosa ha significato, per quelli della nostra generazione, che cosa avete significato Tu, Titina (l'adorabile Titina) e Peppino, quando eravamo, come si dice, ancora giovani. Era un misto di popolaresco e di verace, di credibilità naturalistica e di sublimazione etica, non veristica. Era una ventata, nella stagna ragnatela di quegli anni, venuta d'improvviso a portare un segno di lealtà nei confronti della storia, un segno di sicurezza nei confronti dell'individuo, un segno di «positività» (quanto risulta «datata» questa parola) nei confronti della società, per certi versi disperata ma non ancora nello sfacelo. […] Posso dirTi, per esempio, che «Adda passa 'a nuttata» per il teatro italiano non è solo una «battuta» teatrale, ma quasi una lezione di vita, una mesta contemplazione del passato e insieme uno sguardo verso un Domani che sia, speriamo, molto vicino all'alba piuttosto che agli anni avvenire. Perché, lo sai bene, Eduardo, veniamo da lontano, ma andiamo lontano. […] In questi giorni, nella nostra città, sei un altro Miracolo a Milano, così come lo sei stato e lo sarai, certo, domani in altri Paesi lontani. Perché il Tuo ridere e il Tuo piangere, caro Eduardo, non sono Tuoi, sono nostri. Sono il ridere e il piangere della Povera gent di Bertolazzi, sono i sentimenti umani degli uomini che ancora hanno un cuore, una volontà di fare, un rifiuto istintivo alla sopraffazione, al sopruso, all'ingiustizia. Posso dirTi, per esempio, che il mio augurio di oggi non va ai Tuoi ottant'anni di vita, anzi al Tuo quarto ventennio, ma al Tuo palcoscenico, alla Tua arte d'attore, al Tuo magistero umano, alla «lezione» che da tanto tempo vai impartendoci; e dunque all'augurio che dalla prossima stagione, ancora, si ripeta quel meraviglioso incontro con una Tua «novità»; sempre eguale e sempre diversa, come hai sempre fatto e come ci hai sempre insegnato a decifrare che la vita è così.
Con sincero affetto, con un po' di commozione, con un caldo abbraccio il Tuo
Giorgio Strehler"

(Giorgio Strehler, La Stampa, 24 maggio 1980)

sabato 17 marzo 2012

La mostra "Eduardo De Filippo. Vita e opere" (1986)

Qualche tempo fa ho avuto la possibilità di ospitare nel blog un intervento di Sergio Martin, uomo dai molteplici interessi in ambito culturale ed in particolare in ambito teatrale, che nel 1986 ha collaborato in qualità di coordinatore generale alla realizzazione di una importantissima mostra antologica su Eduardo. Curatore della mostra fu Graziella Buontempo Lonardi, che si è avvalsa della collaborazione di Paola Quarenghi, docente universitaria che negli anni ha dato numerosi ed importanti contributi agli studi sulla figura di Eduardo (basti pensare all'edizione critica delle "Cantate" pubblicata nella prestigiosa collana dei Meridiani), e dello scenografo Bruno Garofalo, che ha lavorato per anni insieme ad Eduardo creando le scenografie dei suoi spettacoli.

La mostra, dal titolo "Eduardo De Filippo. Vita e opere", fu allestita presso il teatro Mercadante di Napoli nel 1986, a due anni dalla scomparsa di Eduardo. Si trattò di un lavoro complesso ed accuratissimo per il quale furono raccolti centinaia di reperti, foto, locandine, abiti di scena, per fornire una panoramica la più ampia e completa possibile della vita di Eduardo a servizio del Teatro.

Qualche giorno fa su Youtube è stato pubblicato un interessantissimo video riguardante questa mostra. E' un po' lungo ma vale la pena di essere visto in quanto ripercorre, con testimonianze degli organizzatori, le fasi della realizzazione di questo importante evento.





Sullo stesso argomento:
Sergio Martin. Il recital di poesie al Pier Lombardo di Milano

martedì 21 febbraio 2012

Io vulesse truvà pace

Io vulesse truvà pace;
ma na pace senza morte.
Una, mmiez'a tanta porte,
s'arapesse pé campà!

S'arapesse na matina,
na matin' 'e primmavera,
e arrivasse fin' 'a sera
senza dì: «nzerràte llà!»

Senza sentere cchiù a ggente
ca te dice: «io faccio..., io dico»,
senza sentere l'amico
ca te vene a cunziglià.

Senza senter' 'a famiglia
ca te dice: «Ma ch' 'e fatto?»
Senza scennere cchiù a patto
c' 'a cuscienza e 'a dignità.

Senza leggere 'o giurnale...
'a nutizia impressionante,
ch' è nu guaio pé tutte quante
e nun tiene che ce fà.

Senza sentere 'o duttore
ca te spiega a malatia...
'a ricetta in farmacia...
l'onorario ch' 'e 'a pavà.

Senza sentere stu core
ca te parla 'e Cuncettina,
Nina, Brigida, Nannina...
Chesta sì... Chell'ata no.

Pecché, insomma, si vuò pace
e nun sentere cchiù niente,
'e 'a sperà ca sulamente
ven' 'a morte a te piglià?

Io vulesse truvà pace
ma na pace senza morte.
Una, mmiez' a tanta porte
s'arapesse pé campà!

S'arapesse na matina,
na matina 'e primmavera...
E arrivasse fin' 'a sera
senza dì: «nzerràte llà!»
[1948]

Da Le poesie di Eduardo (pagg. 70-71), Einaudi


Interpretata da Eduardo
Interpretata da Pupella Maggio

domenica 22 gennaio 2012

Carlo Molfese. "Eduardo mi chiamava Campese"

Come ho già avuto modo di scrivere in questo blog, la mia passione per Eduardo ed il suo teatro è iniziata con "L'arte della commedia". La figura di Oreste Campese mi è entrata nel cuore, così come la sua ostinata difesa del teatro, rappresentazione della vita e con una sua precisa funzione all'interno della società.

Campese è un capocomico d'altri tempi, appartenente ad una «generazione di comici i quali da secoli riescono a dominare la fame ingoiando saliva», che con la sua compagnia, composta dai membri della famiglia, porta gli spettacoli in piccoli paesi di provincia, montando e smontando di volta in volta un tendone, in cui la gente semplice può recarsi perché il costo del biglietto è accessibile e dove non si vergogna di entrare, contrariamente a quanto accade nei "veri" teatri. Campese è nato dietro le quinte, «sul trono dell'Amleto» mentre il padre recitava in palcoscenico le ultime scene di un dramma, e sulle tavole del palcoscenico ha mosso i primi passi.

Addentrandomi nelle mie ricerche e letture "eduardiane" ho incontrato diverse volte un nome che, per assonanza, evoca quello del protagonista de "L'arte della commedia", Carlo Molfese. Ancora una volta la comunicazione virtuale mi è stata d'aiuto e, senza inizialmente sperare in un esito positivo, sono invece riuscita a stabilire un contatto con lui. Ho avuto anche l'onore di ricevere il suo apprezzamento per questo mio modesto angolo dedicato ad Eduardo e sperduto nella vastità della rete.

La storia di Carlo Molfese è davvero affascinante. Si tratta infatti di un personaggio che ha avuto un ruolo notevole nella scena teatrale italiana e che ha molte somiglianze con Oreste Campese. Carlo Molfese è nato nel 1934 a Brienza, in provincia di Potenza. I suoi genitori erano attori e si trovavano da quelle parti con la compagnia di Carlo Titta. Ancora in fasce partecipò come comparsa in un dramma popolare messo in scena dalla compagnia. Divenuto più grande, per seguire la tradizione familiare (il nonno era un noto avvocato), intraprese gli studi di giurisprudenza, che però abbandonò ben presto per seguire la sua passione per il teatro. Iniziò a frequentare a Napoli la Galleria Umberto I, punto di ritrovo di giovani artisti.

mercoledì 18 gennaio 2012

Nello Mascia. Lo schiaffo di Eduardo

Riassumere in poche righe la biografia artistica di Nello Mascia non è impresa facile. Classe 1946, dopo aver frequentato una scuola di recitazione a Napoli, debutta ufficialmente nel 1967 ne "La tabernaria" di Giovan Battista Della Porta. Poco tempo dopo fu chiamato da Eduardo e con lui lavorò una stagione, negli allestimenti de "Il sindaco del Rione Sanità" e "Gli esami non finiscono mai". Dopo questa esperienza, nel 1975 si sentì pronto per fondare una propria compagnia insieme a Tato Russo, la "Cooperativa Teatrale Italiana del Mezzogiorno Gli Ipocriti" con la quale svolge la sua attività teatrale per oltre vent'anni. Nel 1983 ha interpretato la parte di Trinculo ne "La tempesta" di Shakespeare diretto da Giorgio Strehler, nel '93 è stato Don Marzio ne "La bottega del caffè" di Carlo Goldoni.
Tra i suoi progetti intrapresi c'è la rivalutazione, valorizzazione e divulgazione dell'opera di Raffaele Viviani, arrivando a convincere l'editore Guida a pubblicare l'opera omnia del drammaturgo.
Attualmente sta portando in scena "Natale in casa Cupiello" di cui è interprete e regista.
Ancora molto ci sarebbe da scrivere su di lui e per questo rimando alla sua pagina autobiografica, pubblicata nel sito "La storia di Napoli".

Qualche tempo fa mi sono casualmente imbattuta in una sua testimonianza, risalente al periodo in cui recitava nella compagnia di Eduardo. Si tratta di quella che lui ha definito una "lezione di teatro". Gli ho chiesto di poterla condividere con i lettori di questo blog.

«“Sindaco del rione Sanità”.
Ho poco più di vent’anni. Sono stato appena scritturato dalla Compagnia di Eduardo. E sono timido e tremante.
Nel “Sindaco del rione Sanità” interpreto “’O Nait”. Un giovane malavitoso.
‘O Nait ha sparato ‘O Palummiello, un suo pari grado, per piccoli screzi.
Ma ha sparato nel territorio del Sindaco, senza averne chiesto l’autorizzazione. Ha il dovere di scusarsi e giustificare l’insubordinazione.
Il Sindaco, dopo lunga attesa, lo riceve.
‘O Nait racconta, con il rispetto dovuto, le ragioni che lo hanno spinto a aprire il fuoco a insaputa del Sindaco. Lo supplica di perdonare la sciocchezza e gli garantisce che per il futuro la cosa non si ripetera più.
Il Sindaco è compiaciuto delle parole sincere di ‘O Nait.
Gli fa cenno di avvicinarsi. ‘O Nait si avvicina.
Il Sindaco con estrema lentezza si toglie un anello dal dito della mano destra. Poi,  improvvisamente, stampa sulla guancia del Nait un sonorissimo schiaffone,  
‘O Nait è sorpreso.

domenica 15 gennaio 2012

Il monumento

«Il Monumento è una strana commedia nell'arco, piuttosto coerente, dell'arte di Eduardo De Filippo. [...] Si tratta [...] di una commedia nera, di un misantropico attacco di malumore etico e civile. [...] È un apologo grottesco e paradossale, che fa spicco nella produzione di Eduardo, progressista amaro ma a senso unico. Per questo, dicevo, la commedia è strana, come un sussulto di sfiducia, di irritazione acritica, per un mondo che non ha luce di valori, e che lo spinge a innalzare un monumento alla sordida coerenza del maresciallo». Così commentava il critico Giorgio Prosperi sul quotidiano "Il Tempo" la commedia in tre atti Il monumento, all'indomani della sua messa in scena a Roma.

Scritta da Eduardo nel 1967, ma probabilmente l'idea era stata concepita nell'immediato dopoguerra, fu rappresentata per la prima volta il 25 novembre 1970 al Teatro la Pergola di Firenze, dopo un'anteprima dedicata agli studenti andata in scena il giorno precedente. L'elaborata scenografia è di Bruno Garofalo.

La storia è quella di Ascanio Penna, un ex maresciallo ausiliario del Regio esercito che vive da oltre vent'anni all'interno del basamento di un vecchio monumento danneggiato dalla guerra. Insieme a lui vivono la sua compagna Sabina e Nazareno, detto Paganini, un pover'uomo che per vivere si arrangia suonando il violino in strada. Ascanio conduce una vita da recluso ed esce dal monumento solo di notte. Questa strana abitazione la sera si popola di una folla di personaggi singolari, diventa luogo di ritrovo in cui passare la serata in compagnia, per mangiare le "pagnottelle" preparate da Sabina accompagnate da un bicchiere di vino e per ascoltare i racconti del maresciallo, che risalgono al tempo in cui lui ancora svolgeva il suo incarico in caserma. Questi racconti sono pieni di rimpianto per gli anni in cui si era dedicato con abnegazione al suo servizio, in cui era punto di riferimento per i giovani soldati, che lo chiamavano addirittura "mamma". Con l'arrivo dei tedeschi però tutto questo finì e lui si ritrovò dimenticato ed ai margini della società. L'unica persona che gli è rimasta accanto in tutti quegli anni è proprio Sabina, conosciuta giovanissima quando lavorava nello spaccio della caserma. Per tirare avanti la donna, all'insaputa di Ascanio, si prostituisce, mentre gli fa credere di riuscire a vivere grazie all'attività di "locale notturno" che si svolge all'interno del monumento.

domenica 1 gennaio 2012

Eduardo e Shakespeare. Parole di voce e non d'inchiostro

Agostino Lombardo è l'autore di questo piccolo volume, edito da Bulzoni nel 2004 e dedicato alla traduzione in napoletano della Tempesta di William Shakespeare che Eduardo realizzò nel 1983. 
Linguista, critico letterario, Lombardo fu uno dei più importanti anglisti italiani, oltre ad essere tra i massimi esperti shakespeariani, nonché traduttore di numerose opere del drammaturgo inglese.


La prima parte del libro contiene due saggi firmati dallo stesso Lombardo, Eduardo De Filippo da Napoli al mondo, scritto nel 1985 in occasione della messa in scena de La grande magia da parte di Giorgio Strehler, e Eduardo e Shakespeare, pubblicato nel 1990 nel volume che raccoglie gli atti di un convegno sulla drammaturgia di Eduardo. 


Nel primo dei due scritti si tendono ad evidenziare le caratteristiche che rendono il teatro di Eduardo universale, non legato cioè alla sola realtà napoletana. Eduardo descrive infatti la sua città senza cadere mai nel folclore e negli stereotipi ma la rappresenta come «metafora del mondo»Napoli è in questo senso una città teatrale, abitata da uomini e donne che vivono situazioni in cui è possibile riconoscersi a qualunque latitudine. Inoltre le sue opere sopravvivono all'autore ed alla sua personale interpretazione in quanto concepite innanzitutto come testi da mettere in scena. Per questo vengono definite «parole di voce e non d'inchiostro»,