venerdì 24 maggio 2013

"Eduardo, oggi"

Eduardo nasce il 24 maggio 1900
«1974. Eduardo De Filippo, oggi: settantaquattro anni, la notorietà mondiale, una grande opera alle spalle come autore e come interprete, con quei due buchi nelle gote, le ossa sottili e gracili come grissini, l'arco del sopracciglio che, alzandosi, solleva ormai soltanto il peso della malinconia ma anche, secondo il movimento mimetico-interpretativo, fissa il volto in una maschera dimessamente derisoria o umilmente crucciata, neanche dolorosa, se mai stupita. [...]
Eduardo, oggi: ancora, certo, il personaggio più importante del teatro italiano; e non solo di quella cosa in fondo angusta - e precaria - che è il teatro italiano. È un'immagine, o piuttosto un modello, delle nostre possibilità di estroversione figurata, della misura in cui possiamo rappresentarci pubblicamente. Perchè è un'immagine che viene da lontano - dai secoli - e insieme da vicino, dalla foresta spessa e viva delle maschere, che è lì, appena girato l'angolo della nostra storia risorgimentale. E se uno oggi aguzza l'occhio nel brulichio della cronaca potrà vederlo ancora il lampo bianco e doloroso di Pulcinella, che scantona furtivo negandosi, tentando di cancellarsi, come pieno di vergogna. [...]
Bene, che ne è oggi di questo personaggio candido e fiducioso, un po' spaventato anche e dunque costretto spesso a ricorrere all'ambiguità e alla furbizia [...]? Che ne è di quel vecchio angelo rugoso e un po' spennacchiato che si chiamava Luca Cupiello e che amava tanto fabbricarsi il presepe a Natale, mentre intorno la famiglia gli andava in rovina? Che ne è di Pasquale Lojacono, così felice di credere - o di far finta di credere - al generoso fantasma che era in realtà l'amante di sua moglie? Man mano che passavano gli anni e le commedie questo personaggio-protagonista - che era sempre Eduardo, ovviamente, a interpretare - diventava più laconico.
Quella leggera afasia che l'attore, con grandiosi effetti comico grotteschi, prestava al personaggio, quella faticosa ricerca delle parole da pronunciare, diventava anche sui testi, reticenza voluta, un'immaginaria lunghissima serie di puntini di sospensione. [...] Poi s'è capito. Quest'anno Eduardo vien fuori con la sua commedia-confessione (o ricapitolazione): Gli esami non finiscono mai. Qui parla, certo che parla. Comincia a presentarsi da solo, uscendo dal sipario ancora chiuso, come usava nei vecchi prologhi [...] Per due atti dunque lo stupore, lo spavento, la buffoneria e il dolore di questo Guglielmo Speranza costretto a constatare che la vita è una continua prova, che ogni volta si ricomincia da capo e non c'è nessuna garanzia. [...] Questo è Eduardo oggi, a settantaquattro anni, con quei due buchi nelle gote e le ossa sottili e gracili come grissini. Non più Sik-Sik, artefice magico, uscito dal Kursaal e dal Sannazzaro di Napoli per cavare, dal suo cappello a cilindro di prestigiatore, la sorpresa della nuova commedia italiana dopo Pirandello, mista di riso e sofferenza come sempre il grande teatro; ma un uomo che, rinunciando a fare l'artefice magico (dal cappello è volata via la colomba della giovinezza), dice duramente la sua sulla vita, sui tabù di questa società e persino sulla speranza del dopo; e spiega i suoi intermittenti silenzi di prima, sciogliendoli e unificandoli nell'allibito silenzio di quest'ultimo terzo atto. Gli estri di una volta forse non ci sono più, nel cappello di Sik-Sik; ma qualche grande scena, lui è ancora capace di tirarla fuori da quel doppio fondo inesauribile. Perciò, nonostante la dura negatività di quest'ultima fase della sua arte, la gente affolla i teatri e lo applaude e lo acclama. E ora si sta tutti col fiato sospeso, perché il posto di Eduardo è sul palcoscenico; anche se tace. Ormai s'è capito: il suo silenzio è crepitante e vivo come un lunghissimo monologo».

(Roberto De Monticelli, Corriere della Sera, 24 maggio 1974)


giovedì 23 maggio 2013

Toni Servillo: un sogno di spettacolo

Ieri sera  al teatro Argentina ho finalmente assistito alla messa in scena della commedia Le voci di dentro interpretata e diretta da Toni Servillo. Lo spettacolo ha ricevuto recensioni entusiastiche dopo il suo debutto, avvenuto lo scorso marzo a Marsiglia, e le rappresentazioni al Piccolo Teatro Grassi di Milano. Grandi aspettative quindi, che non sono assolutamente andate disattese anzi, se possibile, sono state superate.

La commedia, senza timore di essere smentiti, può essere considerata uno dei capolavori di Eduardo. È un testo bellissimo che aveva fatto scrivere al critico Renzo Tian, riferendosi a Eduardo nella sua recensione ad una messa in scena del 1977, «è un visionario che solo incidentalmente si esprime in termini realistici». È la commedia della disillusione che mostra la società del dopoguerra corrotta dagli eventi bellici e che ha perduto ogni parvenza di umanità.

Da anni si discute sulla fortuna delle commedie di Eduardo dopo la sua scomparsa ed è oramai un dato di fatto che le sue opere siano da considerarsi perfettamente in grado di sopravvivere al loro creatore. Basti pensare alle numerosissime messe in scena che raccolgono consensi anche all'estero. L'allestimento di Toni Servillo ne è la riprova tangibile, è la dimostrazione che Eduardo ha composto opere capaci di sopravvivergli, grazie anche ad un interprete straordinario. Servillo è un vero fuoriclasse, un attore di grande carattere che non cede alla tentazione di riprodurre Eduardo facendone un'imitazione. Trattandosi nello specifico di una commedia della quale esiste un documento filmato, immagino sia facile per un attore tendere a riprendere, anche involontariamente, l'originale. Mi è capitato ad esempio qualche mese fa di assistere alla rappresentazione di Miseria e nobiltà di Eduardo Scarpetta con la compagnia di Geppi Gleijeses e Lello Arena. Molto divertente, senza alcun dubbio, ma si è trattato di una vera e propria "citazione" della versione teatrale di Eduardo e di quella cinematografica con Totò.