domenica 27 novembre 2016

La segreta eleganza di Luca

Luca De Filippo (3 giugno 1948 - 27 novembre 2015)
Ricordo di Luca De Filippo, ovvero sir Luke of Philip

di Marco Tullio Giordana
Luca non era un attore italiano. E nemmeno «figlio di Eduardo e nipote di Scarpetta» malgrado il Dna avesse nel tempo prodotto una somiglianza inequivoca. Luca era un attore inglese, figlio di John Gielgud, Michael Redgrave, Ralph Richardson, Laurence Olivier, nipote di Edmund Kean e John Philip Kemble e più su ancora di Richard Cumberland, John Gay, David Garrick. Un attore inglese che recitava però in napoletano, lingua di cui sapeva ogni sfumatura, così atta allo spettacolo da volerla materia di studio alla Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale, l’ultima impresa dove s’era buttato.
L’altra sera nei teatri italiani, credo proprio tutti, ogni attore, ogni compagnia ha voluto rendergli omaggio, segno che il suo understatement, anziché renderlo invisibile, l’aveva invece scolpito nei nostri cuori molto più di qualsiasi esibizionismo, di qualsiasi voce stentorea o maschera indossata. Fu lo stesso Eduardo a passargli il testimone nel suo ultimo discorso pubblico, a Taormina nel 1984, ammettendo di averlo cresciuto «nel gelo delle mie abitudini», ma quella eredità che avrebbe potuto schiacciarlo l’ha invece lasciato intatto. Avrebbe potuto rinnegarla o, peggio, amministrarla a scopo di lucro. Ne fece invece ragione di continuo studio sul lavoro dei De Filippo, concedendola a chi gli era coerente e soavemente negandola a chi l’avrebbe invece stravolta. L’unica preoccupazione di questi giorni, prima ancora dei figli, prima ancora di Carolina, sono state le sorti della sua splendida compagnia, i contratti da onorare, gli spettatori da non deludere. Questo senso di responsabilità e di segreta eleganza mi sembra il suo insegnamento più grande, quello che vorrei serbare.
Ciao sir Luke of Philip, amico caro.
[La Stampa, 29 novembre 2015]

mercoledì 23 novembre 2016

"Eduardo De Filippo e il teatro del mondo", gli atti del Convegno

Sono stati pubblicati dall'editore Franco Angeli, nella Collana Letteratura Italiana. Saggi e strumenti, gli atti del Convegno internazionale organizzato nell'ottobre del 2014 dall'Università Federico II di Napoli, in occasione delle iniziative per il trentennale della morte di Eduardo.
Il volume, curato da Nicola De Blasi e Pasquale Sabbatino, docenti rispettivamente di Linguistica e di Letteratura italiana dell'Ateneo sede del Convegno, raccoglie i contributi dei partecipanti alle due giornate di studio, intitolate "Eduardo De Filippo e il teatro del mondo"

Nel proposito degli organizzatori, i lavori del convegno si sono focalizzati sull'approfondimento di tre particolari aspetti. In primo luogo, come illustrato dal professor Sabbatino nella sua introduzione, «ridisegnare la geografia e la storia delle traduzioni di Eduardo nel mondo» soffermandosi sulla definizione di "traduzione", ponte di collegamento tra culture diverse; in secondo luogo «l'Ateneo federiciano ha scelto di verificare in quale misura Eduardo sia un classico della contemporaneità» ed infine si è voluto porre l'accento su «l'impegno civile di Eduardo per il recupero e la rieducazione dei ragazzi a  rischio», problematica che stava particolarmente a cuore anche a suo figlio Luca, il quale nel suo intervento - la cui trascrizione è riportata nel volume - ricordò come «L'attenzione di Eduardo è stata sempre e soprattutto verso i giovani, un'attenzione che viene testimoniata anche dagli ultimi anni della sua vita, quando fu nominato senatore. Si occupò in particolare dei ragazzi napoletani a rischio. Quella fu una battaglia persa, un'altra battaglia persa. [...]

lunedì 31 ottobre 2016

Il finale che lui voleva

«Non mi dimenticherò mai la scena, durante i funerali di Eduardo, delle tre camere della televisione montate su torri, che di colpo, all'unisono, sollevarono il muso per aria in segno di rifiuto e, i segnali luminosi, gli occhi rossi, si spensero. Si stava uscendo dalla cattedrale dove aveva officiato il cardinale. C'erano più di cinquemila persone. Tutta la funzione era stata ripresa in diretta. Ora, sempre in diretta, davanti alla bara di Eduardo, presenti le alte autorità, si sarebbe celebrato il commiato.
C'era un ragazzo del carcere di Nisida - avrebbe salutato l'unico senatore della Repubblica che si fosse occupato di loro.
Ferruccio Marotti dell'Ateneo di Roma, dove Eduardo insegnava, avrebbe parlato ancora e, poi, sarebbe toccato a me in rappresentanza dei teatranti.
Dall'alto decretarono immediatamente che no, il commiato non si doveva fare. Era la vendetta dei politici che si erano visti esclusi dal rito. [...]
Splendido! Io ho visto per aria Eduardo che si faceva matte risate. Era proprio il finale che lui voleva. Non c'era dubbio, se l'era inventato personalmente, se l'era sceneggiato e allestito col permesso del Padreterno, "il padreterno dei teatranti", un certo Dioniso»
Dario Fo in Eduardo De Filippo. Vita e opere, 1900-1984
a cura di Isabella Quarantotti De Filippo e Sergio Martin



mercoledì 5 ottobre 2016

Essere figli d'arte

«Con orgoglio penso sempre di essere la terza generazione di una famiglia che si occupa di teatro: Eduardo Scarpetta, Vincenzino Scarpetta, tutte le mogli, mia zia Titina, il marito di mia zia Titina, mio zio Peppino, Luigi, io, ecco, è tutta una famiglia. Questo mi rende orgoglioso. [...] Molto spesso si scambia il mestiere dell'attore con un fatto di visibilità, cioè far parte di un mondo che chissà cos'è, mentre invece essere figli d'arte vuol dire essere coscienti del fatto che quel mestiere ce l'hai.
Francesco Canessa racconta che quando Titina fece al San Carlo la prima di Napoli milionaria!, era una mattina e tutti i teatri di Napoli erano requisiti. Provarono nel salotto di casa di Titina, non come oggi che si fanno tre o quattro mesi di prove. Misero in scena il testo in quindici giorni, nel salotto di casa. Poi andarono al San Carlo, entrarono di notte, smontarono le scene di un'opera lirica e montarono le loro piccole scene. Tennero la prova generale alle quattro del mattino, alle undici fecero lo spettacolo e alle due se ne andarono perché dovevano montare l'altro spettacolo. Fu un enorme successo, una commozione enorme.
Titina, uscendo dal teatro, disse a suo marito Pietro: "Pietro, a casa non abbiamo niente da mangiare, passiamo un momento all'alimentari e compriamo qualcosa". Se ne andarono a casa a mangiare.
Ecco, questo è il senso che hanno le famiglie d'arte: con i piedi per terra e basta. Nient'altro».

Dall'intervento di Luca De Filippo al Convegno
"Eduardo De Filippo e il teatro del mondo", 23-24 ottobre 2014,
ora negli atti del Convegno "Eduardo De Filippo e il teatro del mondo",
a cura di Nicola De Blasi e Pasquale Sabbatino, editore Franco Angeli


Leggi anche
"Eduardo De Filippo e il teatro del mondo". Il convegno all'Università Federico II di Napoli

martedì 19 luglio 2016

Una mostra per Filumena, che non invecchia mai

«Caro Eduardo, mi spiace non essere con  la critica: la vostra nuova fatica è un fiasco. Questo considerando il lavoro teatrale come destinato al teatro nazionale. Se il lavoro è limitato al buon pubblico napoletano che va a nozze per zibaldoni del genere, posso anche dire che avete scritto e messo su una cosa buona.
Ho detto buona, e non pregevole come altre. Di recente ricordo che, per il successo ottenuto prima altrove che qui, vi hanno forse un po' troppo ringalluzzito dimenticando che siete sempre un Eduardo con tanto di De Filippo appresso e non Pirandello o Goldoni.
Filumena è il capolavoro tra le commedie che si recitano nei teatri periferici di Napoli senza aver mai la gloria [di] uscire dalle mura campane  [...] Non è invece la commedia per Roma, e tanto meno per Milano. Pensateci, Eduardo, prima di portarla a Milano dove avete amici e stima. [...] Nel nord [...] il pubblico è più raffinato e Filumena Marturano sarà un fiasco. Pensateci, Eduardo, e mi darete ragione. Magari non oggi perché siete caldo degli applausi, ma domani quando vi mancheranno gli applausi da un altro pubblico che non è il sentimentale popolo napoletano, ma un pubblico il quale ride di certe vicende che, non ve lo nego, sono vere, ma non sono teatro.
Cordialmente,
Uno dei tanti»

Questo il contenuto di una lettera che arrivò a Eduardo all'indomani del debutto di Filumena Marturano, nel 1946, da parte di un anonimo "lungimirante" critico che bollò la commedia come un mezzo fiasco, una storiella per palati poco esigenti e provinciali. Sono passati settant'anni e Filumena, non solo ha varcato i confini delle "mura campane", ma ha parlato praticamente tutte le lingue del mondo, ha calcato i palcoscenici di Europa, Africa, America Latina, Asia, divenendo la commedia eduardiana più rappresentata al mondo.

Sono passati settant'anni dalla sua nascita e per ricordare questa straordinaria figura femminile del teatro di Eduardo, l'Associazione & Compagnia Teatroantico ha organizzato una mostra fotografica e documentale, curata da Elisabetta Centore. L'allestimento è ospitato nel bellissimo Museo Teatrale SIAE del Burcardo, a due passi dal Teatro Argentina, a Roma.

Molti i documenti e le immagini che ripercorrono la storia della commedia e delle sue interpreti, a partire - naturalmente - da Titina, per la quale Eduardo creò il personaggio protagonista.
La mostra raccoglie foto, locandine, il copione originale e la registrazione alla SIAE, programmi di sala, il disco in vinile con l'incisione della commedia, le recensioni delle varie messe in scena, sia in Italia che all'estero, fino ad arrivare ai giorni nostri, con le foto e la locandina dell'allestimento della Compagnia di Geppy Gleijeses, protagonista Mariangela D'Abbraccio e con la regia di Liliana Cavani, presentata all'inizio di luglio al Festival dei Due Mondi di Spoleto e che sarà in scena nella prossima stagione teatrale 2016/17. 

La mostra è visitabile il martedì ed il giovedì dalle 9,30 alle 16,30 con ingresso gratuito. Ad illustrarne i contenuti, la curatrice Elisabetta Centore che in anni di appassionate e costanti ricerche, ha messo insieme un vero "tesoro" per i cultori del teatro di Eduardo. 

In aggiunta alla mostra, merita di essere visitato anche il Museo che la ospita, dove sono esposti interessanti documenti della raccolta teatrale della SIAE che vanno da costumi di scena, maschere, marionette, dipinti provenienti da donazioni, lasciti e collezioni private acquisite nel tempo dalla SIAE.

La mostra rimarrà esposta fino al prossimo febbraio 2017.




Una donna per Eduardo.
Filumena Marturano a 70 anni dalla prima rappresentazione
Museo Teatrale SIAE del Burcardo
Via del Sudario 44, Roma (martedì e giovedì 9,30 - 16,30, ingresso gratuito)



Leggi anche
7 novembre 1946. Filumena Marturano
La voce di Titina
Primi piani per Filumena
Lacrime come acqua pura sulla ghiaia

martedì 7 giugno 2016

Filmati rari. Un omaggio alla "Tempesta" e l'ultima intervista di Eduardo

Ad un anno dalla sua morte, la Biennale di Venezia scelse come spettacolo inaugurale del XXXIII Festival Internazionale del Teatro, la versione in napoletano della "Tempesta" di Shakespeare nella traduzione di Eduardo, la cui messa in scena fu realizzata dalla Compagnia di Marionette dei Colla.  In quella occasione al Teatro Goldoni di Venezia si tenne una serata in suo onore, alla quale presero parte diversi artisti. 
Fu pubblicato anche un volume che raccoglie numerose immagini e testimonianze. La Rai dedicò a quella serata uno speciale, del quale è stata condivisa in rete qualche giorno fa una registrazione "d'epoca", recuperata da un appassionato cultore dell'arte di Eduardo che ho avuto la fortuna di conoscere, seppure solo "virtualmente". Si tratta di un filmato davvero prezioso in cui, oltre ad alcuni brani della rappresentazione della "Tempesta", vi sono interviste agli intervenuti alla serata, tra i quali Luca ed Isabella De Filippo.


Altro documento per veri amatori è l'intervista integrale realizzata nel 1984 da Claudio Donat-Cattin, "Eduardo. L'arte di invecchiare".



Grazie dunque a Gianluca Marino per aver recuperato questi tesori che ci restituiscono, a distanza di così tanti anni, tutta la grandezza di Eduardo, uomo e artista unico. 

venerdì 22 aprile 2016

"L'arte del silenzio"

Si è concluso oggi il seminario di tre giorni dedicato a Luca De Filippo.
La prima giornata, che ha avuto come tema la storia della Compagnia di Luca e durante la quale abbiamo potuto ascoltare i racconti dei suoi compagni di lavoro, è stata introdotta dalla professoressa Paola Quarenghi.

Desidero ringraziarla di vero cuore per avermi dato la possibilità di pubblicare in questo piccolo spazio le sue riflessioni ed il suo ricordo di Luca.

L'ARTE DEL SILENZIO

In un’intervista rilasciata a Franceso Saponaro per il documentario "Eduardo. La vita che continua", Luca dice:

Quando mi fermano per strada, io so che non fermano me, ma fermano ancora la memoria di Eduardo, quell’amore che portavano a lui. Ed io sono veramente contento di questo, perché è un qualcosa che in qualche modo rende ancora vivo il lavoro che ha fatto con il suo teatro. È chiaro che [di artisti così] ne nascono pochi, è logico. Voglio dire che già siamo fortunati in Italia che sono nati quei pochi grandi attori o quei pochissimi autori di teatro. Se riflettiamo, nel ’900 abbiamo avuto autori di teatro come Pirandello, Eduardo ed anche il premio Nobel Dario Fo. Vi rendete conto di cosa ci ha dato l’Italia in un secolo? [...] È straordinario. Allora io mi reputo soddisfatto quando svolgo bene il mio lavoro da un punto di vista professionale, in attesa che nascano altri autori e grandi attori. A me basta già questo: tenere alto il livello del teatro, in attesa di altri “monumenti”.

L’idea di questo artista trasparente, che non si rammarica di non essere lui sotto i riflettori, ma è felice di farsi da parte, perché attraverso il suo lavoro l’attenzione di chi lo osserva possa accentrasi su ciò che è venuto prima di lui e che forse è stato più grande di lui e che attraverso il suo lavoro può ancora parlare e dire quello che è stato, mi sembra il dato più significativo della personalità artistica di Luca e allo stesso tempo mi pare una possibile spiegazione della sua relativa invisibilità agli occhi della cultura teatrale del nostro tempo. Invisibile non per il pubblico, che lo ha amato doppiamente in quanto Luca e in quanto figlio di Eduardo, ma per una bella fetta della nostra critica che ha visto in lui, un po’ pigramente, solo l’erede di quella tradizione.

mercoledì 13 aprile 2016

"Tre giorni per conoscere Luca De Filippo". Seminario sull'erede di una nobile tradizione

Il 20, 21 e 22 aprile prossimi si terrà a Roma, presso le Vetrerie Sciarra, Aula Levi della Vida, in via dei Volsci 122, un seminario dedicato a Luca De Filippo, recentemente scomparso. L’organizzazione è a cura di Antonella Ottai, con il contributo di Paola Quarenghi, entrambe docenti di teatro e studiose di Eduardo e dei De Filippo, autrici di numerosi e fondamentali saggi e studi critici sull’argomento. 

Il laboratorio, che ha per titolo “Tre giorni per conoscere Luca De Filippo. Seminario su uno degli ultimi rappresentanti della tradizione delle famiglie d’arte”, si propone, attraverso il contributo di studiosi, attori e collaboratori di Luca De Filippo, di analizzare il prezioso e costante impegno da lui portato avanti nel corso della sua lunga carriera nel dare vita alla continuità con la grande tradizione teatrale della quale è stato erede. Uomo di teatro completo, Luca ha riunito in sé i ruoli di capocomico, regista, interprete, custode ed amministratore oculato e lungimirante della produzione drammaturgica paterna, realizzando alla lettera l’esortazione di Eduardo a considerare la tradizione come un trampolino verso l’innovazione. 

Obiettivo quindi del seminario, «al di là dell’omaggio che la persona specifica merita per la qualità della sua attività come per la discrezione e l’intelligenza con cui l’ha vissuta, lontana dai clamori mediatici, il laboratorio che qui si propone risponde alla necessità, non soltanto di studiare e di far conoscere genericamente ai più giovani la peculiarità della tradizione di cui Luca De Filippo era uno degli ultimi grandi rappresentanti, ma di analizzare invece in modo più dettagliato di quale lavoro sia intessuta la continuità, quali siano i mestieri a rischio scomparsa che la tengono in vita, quali minute differenze articolino la lettura e l’interpretazione dei testi, attualizzandone di volta in volta il senso; cosa significhi far vivere la memoria – anche ricorrendo alle tecnologie digitali – di un teatro che è la storia del nostro Novecento. E che tale è diventato anche grazie all’opera di Luca De Filippo».