venerdì 22 aprile 2016

"L'arte del silenzio"

Si è concluso oggi il seminario di tre giorni dedicato a Luca De Filippo.
La prima giornata, che ha avuto come tema la storia della Compagnia di Luca e durante la quale abbiamo potuto ascoltare i racconti dei suoi compagni di lavoro, è stata introdotta dalla professoressa Paola Quarenghi.

Desidero ringraziarla di vero cuore per avermi dato la possibilità di pubblicare in questo piccolo spazio le sue riflessioni ed il suo ricordo di Luca.

L'ARTE DEL SILENZIO

In un’intervista rilasciata a Franceso Saponaro per il documentario "Eduardo. La vita che continua", Luca dice:

Quando mi fermano per strada, io so che non fermano me, ma fermano ancora la memoria di Eduardo, quell’amore che portavano a lui. Ed io sono veramente contento di questo, perché è un qualcosa che in qualche modo rende ancora vivo il lavoro che ha fatto con il suo teatro. È chiaro che [di artisti così] ne nascono pochi, è logico. Voglio dire che già siamo fortunati in Italia che sono nati quei pochi grandi attori o quei pochissimi autori di teatro. Se riflettiamo, nel ’900 abbiamo avuto autori di teatro come Pirandello, Eduardo ed anche il premio Nobel Dario Fo. Vi rendete conto di cosa ci ha dato l’Italia in un secolo? [...] È straordinario. Allora io mi reputo soddisfatto quando svolgo bene il mio lavoro da un punto di vista professionale, in attesa che nascano altri autori e grandi attori. A me basta già questo: tenere alto il livello del teatro, in attesa di altri “monumenti”.

L’idea di questo artista trasparente, che non si rammarica di non essere lui sotto i riflettori, ma è felice di farsi da parte, perché attraverso il suo lavoro l’attenzione di chi lo osserva possa accentrasi su ciò che è venuto prima di lui e che forse è stato più grande di lui e che attraverso il suo lavoro può ancora parlare e dire quello che è stato, mi sembra il dato più significativo della personalità artistica di Luca e allo stesso tempo mi pare una possibile spiegazione della sua relativa invisibilità agli occhi della cultura teatrale del nostro tempo. Invisibile non per il pubblico, che lo ha amato doppiamente in quanto Luca e in quanto figlio di Eduardo, ma per una bella fetta della nostra critica che ha visto in lui, un po’ pigramente, solo l’erede di quella tradizione.

mercoledì 13 aprile 2016

"Tre giorni per conoscere Luca De Filippo". Seminario sull'erede di una nobile tradizione

Il 20, 21 e 22 aprile prossimi si terrà a Roma, presso le Vetrerie Sciarra, Aula Levi della Vida, in via dei Volsci 122, un seminario dedicato a Luca De Filippo, recentemente scomparso. L’organizzazione è a cura di Antonella Ottai, con il contributo di Paola Quarenghi, entrambe docenti di teatro e studiose di Eduardo e dei De Filippo, autrici di numerosi e fondamentali saggi e studi critici sull’argomento. 

Il laboratorio, che ha per titolo “Tre giorni per conoscere Luca De Filippo. Seminario su uno degli ultimi rappresentanti della tradizione delle famiglie d’arte”, si propone, attraverso il contributo di studiosi, attori e collaboratori di Luca De Filippo, di analizzare il prezioso e costante impegno da lui portato avanti nel corso della sua lunga carriera nel dare vita alla continuità con la grande tradizione teatrale della quale è stato erede. Uomo di teatro completo, Luca ha riunito in sé i ruoli di capocomico, regista, interprete, custode ed amministratore oculato e lungimirante della produzione drammaturgica paterna, realizzando alla lettera l’esortazione di Eduardo a considerare la tradizione come un trampolino verso l’innovazione. 

Obiettivo quindi del seminario, «al di là dell’omaggio che la persona specifica merita per la qualità della sua attività come per la discrezione e l’intelligenza con cui l’ha vissuta, lontana dai clamori mediatici, il laboratorio che qui si propone risponde alla necessità, non soltanto di studiare e di far conoscere genericamente ai più giovani la peculiarità della tradizione di cui Luca De Filippo era uno degli ultimi grandi rappresentanti, ma di analizzare invece in modo più dettagliato di quale lavoro sia intessuta la continuità, quali siano i mestieri a rischio scomparsa che la tengono in vita, quali minute differenze articolino la lettura e l’interpretazione dei testi, attualizzandone di volta in volta il senso; cosa significhi far vivere la memoria – anche ricorrendo alle tecnologie digitali – di un teatro che è la storia del nostro Novecento. E che tale è diventato anche grazie all’opera di Luca De Filippo».