domenica 28 novembre 2010

La parte amara della risata

Io le commedie di Eduardo le guardo "con la pancia" e, dal momento che è la mia passione, non posso che rimanerne incantata. Oggi pomeriggio sono andata al teatro Quirino ad assistere a Le bugie con le gambe lunghe, portata magistralmente in scena da Luca De Filippo e la sua compagnia. Quando la scorsa settimana sono andata, sempre al Quirino, a sentirlo parlare della commedia, intervistato dal critico de "Il Mattino" Enrico Fiore, quest'ultimo ha raccontato un aneddoto legato a questo testo. Sembra che un "attoruncolo" fosse andato da Eduardo a chiedergli una sua commedia da rappresentare e lui gli propose proprio Le bugie. L'"attoruncolo" allora gli disse: "Ma come, questa è una commedia minore". Eduardo, che notoriamente non era uno che le mandava a dire, replicò gelido: «Io non ho mai scritto commedie minori». Verissimo.

Questo lavoro in effetti non è stato molto rappresentato, né dal suo autore, né da altri. Nel 1990 Aroldo Tieri e Giuliana Lojodice ne allestirono una fortunata messa in scena ma resta comunque una tra le meno note della produzione eduardiana. In realtà è un peccato perché è un testo in cui ci sono numerosi spunti farseschi che fanno da corona ad un tema invece molto attuale, come ha ben spiegato l'altra sera Luca.

Eduardo sosteneva che l'umorismo fosse «la parte amara della risata». Quando lo scorso anno andai a vedere Filumena Marturano, sono rimasta piuttosto infastidita dalle risate a sproposito di parte del pubblico presente che interrompevano il mio stato di semi-trance ed il nodo alla gola con cui ho seguito l'intero spettacolo. Stavolta invece ho riso anche io di gusto perché, come dicevo, situazioni comiche ce ne sono. La "tirata" della madre di Olga sul fatto che sua figlia, nonostante le corna che porta, è e resta comunque "La Moglie", posta sopra il suo piedistallo, è irresistibile, così come le scene isteriche della stessa Olga, le battute buttate qua e là, le controscene mute… C'è da dire che quando si assiste ad una rappresentazione di cui Luca De Filippo, oltre che interprete è anche regista, si va sul sicuro, nel senso che alla sua oggettiva bravura di attore si aggiunge il rigore filologico con cui la commedia viene messa in scena: così come è stata scritta, tale e quale viene rappresentata, senza sbavature, senza cadere nella caricatura, nella macchietta e nel folclore.

Da segnalare le scenografie di Gianmaurizio Fercioni e due bellissimi fondali realizzati da Giacomo Costa, un artista che, dopo aver lavorato sulla sperimentazione fotografica,  è passato alla elaborazione di paesaggi urbani attraverso la manipolazione al computer. Si tratta del fondale che appare dal balcone di casa Incoronato e del sipario che viene calato tra il primo ed il secondo atto. Entrambi rappresentano gli enormi caseggiati-alveare in cui Eduardo ha ambientato questa commedia. Il sipario in particolare sovrasta letteralmente il pubblico in sala, dando una sensazione di angosciosa oppressione.
Ottimi gli attori della compagnia, mi è molto piaciuta Carolina Rosi nel ruolo di Olga, notevole in un paio di scene in cui la donna viene colta da (provvidenziali) attacchi isterici.

Al termine gli applausi sono stati copiosi e meritatissimi e personalmente resto sempre molto colpita dal modo in cui Luca li accoglie, quasi se ne stupisca. Anche in questo è sempre molto misurato, mai eccessivo, mai atteggiamenti da divo. Eppure è bravo, altroché se è bravo.
Io sono uscita davvero molto contenta, anche se rimango sempre con il cruccio che per assistere di nuovo ad uno spettacolo (eduardiano) non mi resta che aspettare la prossima stagione.
Ma forse proprio questo è il bello del teatro.




Sullo stesso argomento:
14 gennaio 1948. Le bugie con le gambe lunghe
Le bugie non finiscono mai

lunedì 22 novembre 2010

È cosa 'e niente...




Questo bellissimo monologo è tratto dallo sceneggiato Peppino Girella che Eduardo scrisse nel 1963 insieme a sua moglie Isabella Quarantotti e tratto da una novella della stessa Isabella intitolata Lo schiaffoLo sceneggiato in sei puntate fu trasmesso dalla Rai. 


domenica 21 novembre 2010

Le bugie non finiscono mai

Giovedì scorso al teatro Quirino di Roma, dopo la rappresentazione pomeridiana di Le bugie con le gambe lunghe, Luca De Filippo ed il critico teatrale de "Il Mattino", Enrico Fiore, hanno parlato de "Le bugie dell'apparenza. Eduardo, una commedia profetica". Personalmente andrò a vedere la commedia domenica prossima ma non ho voluto perdermi questo incontro. Eravamo circa una trentina di persone presenti, la maggior parte delle quali avevano appena assistito alla rappresentazione. Nonostante le sedie piazzate sul proscenio, Luca De Filippo ed Enrico Fiore sono rimasti giù in platea, in piedi davanti alla prima fila di poltrone, come per una chiacchierata informale.
Il critico de "Il Mattino" ha fatto una breve introduzione ringraziando i presenti, innanzitutto per aver scelto di andare a teatro e in secondo luogo per essere rimasti ancora, dopo due ore di spettacolo. Ha poi ricordato un aneddoto risalente al 1979 quando, come consuetudine, dopo i suoi spettacoli Eduardo riceveva in camerino amici e spettatori.

Enrico Fiore: Eduardo era capace di parlare per ore di argomenti di cui non gliene importava assolutamente niente; però nel corso di queste conversazioni ogni tanto buttava "senza parere", fulmineamente, delle cose di una potenza che non ho più ritrovato. E bisognava stare attenti a coglierle; se uno le coglieva era molto apprezzato da Eduardo, se non le coglieva lui diceva: «Questo non è un interlocutore con cui vale la pena di parlare». Quella sera, mentre parlava del più e del meno, ad un certo punto disse una cosa che mi sembra una delle più giuste che siano mai state dette su Napoli: «Non riusciremo a procedere spediti fino a quando non avremo fucilato la dignità». Mi sembrò acuta ma lì per lì io non avevo capito. Poi, rivedendo questa commedia ho capito che ne aveva recitato una battuta, quando il protagonista dice alla sorella che, dopo la guerra, il signor "pare brutto" è morto sotto un bombardamento, la signora "dignità" è stata fucilata. Questa è una commedia profetica, basti pensare ai tempi che viviamo oggi: c'è tutto. Si commettono i peggiori delitti, e in nome di che cosa? Di questa dignità… Eduardo per "dignità" intendeva il falso decoro esteriore, le apparenze. E il nostro è il tempo dell'apparenza, conta più apparire che essere, lo sappiamo tutti; e in nome di questa apparenza si commettono i peggiori delitti.

Luca De Filippo:  Sicuramente è una commedia che punta il dito sulle apparenze. Però mi sembra che oggi questa problematica sia stata superata, nel senso che oramai non importa più a nessuno anche di apparire male, tanto poi si dice "Non è vero. Questo? Mai detto, mai fatto, mi avete frainteso". Aggiungerei anche che il personaggio di Libero è estremamente pessimista, nel senso che si è adeguato al vivere moderno, a quelle che sono le abitudini della gente. Capisce il meccanismo e lo dice alla fine, quando la maschera del cinema gli dice:  «A me che mi importa di dirvi la verità? Se voi mi dite 'io sono il re di Francia', se non ho interesse di smentirvi io dico che siete il re di Francia». Libero allora capisce: «Già, così la voce passa e per chi non ha interesse di smentire, la bugia può camminare. Poi ci sono quelli che non sanno e per questi, col passare del tempo, io veramente sono il re di Francia». Questo è un meccanismo che noi viviamo ora per ora in questo benedetto paese. Oramai siamo abituati a vedere personaggi che si sono costruiti un passato di grande onestà, dignità, ma se poi si va ad indagare può capitare di scoprire: "Ma come, quello era un autista e mo' è diventato quello…".  Ma io mi domando il perché. Siccome tutto questo in Italia lo sappiamo, ma perché lo sopportiamo, o perché c'è gente che lo sopporta? Perché evidentemente sono quelli che non hanno interesse di smentire. Essendoci al potere persone di un certo tipo, c'è chi pensa di poter vivere esattamente nello stesso modo e di avere la possibilità di non pagare le tasse, di fare quello che si vuole, perché la legge non è stata scritta per loro, ecc. ecc. Questa è secondo me la ragione per cui poi in Italia sopportiamo le menzogne, che conosciamo benissimo e continuiamo a sopportare. E siccome non siamo cretini, significa che siamo furbi, immagino… Il problema è che sono molto più furbi di noi, alla fine…
Chiusa questa parentesi, parliamo della commedia. È stata scritta nel '47, io l'ho ambientata più o meno nel '50. In una didascalia iniziale Eduardo precisa che l'azione si svolge in un grande palazzo a sinistra rispetto alla stazione centrale. Sono quei grandi palazzi costruiti immediatamente dopo la guerra e che lui indica come le prime speculazioni edilizie. L'ho ambientata negli anni '50, non più nel dopoguerra, ma durante la ricostruzione e quindi il cemento armato che arriva, il nuovo modo di vivere all'interno di agglomerati, di grandissimi caseggiati. In questo periodo si è verificata una appropriazione indebita di grandi ricchezze da parte di determinati personaggi attraverso la speculazione edilizia. Sono state  costruite le città non più a misura d'uomo ma a loro misura, a loro necessità, con la connivenza della politica, senza più pensare alla necessità che ogni quartiere avesse, non una, ma quattro scuole, avesse un parco, avesse un teatro, zone di divertimento e zone di interesse, musei e quindi oggi ci ritroviamo città invivibili in cui ci scanniamo perché siamo tutti nervosi…

EF: Una notazione tecnica che mi pare importante per gli spettatori… Questa  commedia appartiene alla Cantata dei giorni dispari, cioè quelle commedie di Eduardo scritte dopo la guerra, come Napoli milionaria! e anche qui si parla continuamente della guerra e dei guai che ha lasciato, disillusione, amarezza…

LDF: Questa è una notazione molto interessante perché mentre prima, inNapoli milionaria!, che è del '45,  il rapporto con la guerra è stato un rapporto molto intenso,  i cambiamenti che ci sono stati a Napoli realmente erano derivati dalla guerra, due anni dopo in questa commedia la guerra viene presa a pretesto, diventa una scusa…

domenica 7 novembre 2010

7 novembre 1946. Filumena Marturano

         



Con queste parole Eduardo, durante lo spettacolo Lieta serata insieme a Eduardo e ai suoi compagni d'arte che ebbe luogo al Teatro Tenda di Roma il 29 giugno 1978, ha ricordato come nacque Filumena Marturano, una delle sue commedie più famose e più amate. Come spesso accadeva, dopo averla scritta ne fece una lettura per amici e critici e Titina ricordò così questa circostanza: «Dopo il primo atto i consensi scoppiarono unanimi; dopo il secondo e il terzo nessuno osa parlare. Tutti sembrano impietriti. È commozione? È freddezza? La lettura di Questi fantasmi!, un anno prima, si era conclusa in mezzo alle acclamazioni. Filumena non ebbe lo stesso immediato successo di applausi. Forse era sembrata una commedia estremamente audace e pericolosa».
Prima di metterla in scena Eduardo apporterà diverse modifiche al testo, alleggerendo alcuni passaggi ed eliminando delle scene, soprattutto nel terzo atto. Anche il titolo cambierà, da Filomena Maisto Filomena Trapanese fino al definitivo Filumena Marturano.  Il debutto della commedia fu al Teatro Politeama di Napoli, il 7 novembre 1946. Fin dalle prove tuttavia Titina incontrò molte difficoltà. Non riusciva ad entrare pienamente in sintonia con il personaggio, anche a causa di una certa "paura" che provava Eduardo stesso: «Eduardo […] ora aveva paura di quel personaggio. Aveva messo in scena una prostituta in camicia da notte, le faceva dire parole violente, la faceva inveire, venire a tu per tu con l'immagine della Madonna, ed ora aveva paura. Davanti alla forza di Filumena retrocedeva, veniva a compromessi, cercava la via di mezzo. L'impeto naturale che scattava in me egli lo tratteneva: "Meno, meno. Non ti agitare, non ti muovere… ecco, così. Adesso tieni le braccia lungo il corpo… Basta, basta, per carità… Non muovere i fianchi…!» (Titina de Filippo in Titina De Filippo. Vita di una donna di teatro di Augusto Carloni, ed. Rusconi). La commedia riscosse un buon successo ma sicuramente al di sotto delle aspettative. Eduardo non era soddisfatto della riuscita dello spettacolo e, prima delle recite previste a Roma, mise di nuovo in prova la commedia e allo stesso tempo scrisse Le bugie con le gambe lunghe, da tenere di riserva nel caso in cui Filumena  avesse continuato a non convincere pubblico e critica. Queste nuove prove furono particolarmente faticose per Titina, che continuava a non riuscire ad entrare nel ruolo: «Alla fine ero veramente stanca. Né lui né io eravamo convinti di quello che facevamo… Filumena rimaneva rintanata in me, Filumena non voleva venir fuori! Mi fermai. Glielo dissi. Lo pregai di lasciarmi recitare come sentivo. […] Eduardo capì. […] Simile a un proiettile mi ero lanciata e non mi fermava più nessuno! Vibravo, mi muovevo, fremevo, gridavo. Eccolo il mio personaggio! Lo avevo ghermito […] lo stringevo dicendogli con gioia: finalmente, grida, urla, piangi… ecco, così ti volevo: violenta, fredda, calma, tragica, comica. Ah, Filumena, ti tengo, ti tengo. Non mi scappi più! Ti porterò con me tutta la vita». Quando la commedià debuttò a Roma l'8 gennaio 1947, fu un autentico trionfo.

sabato 6 novembre 2010

6 novembre 1959. Sabato, domenica e lunedì

Nel 1959 Eduardo trascorse i mesi estivi nell'isola di Isca insieme ad Isabella Quarantotti, quando il suo matrimonio con Thea Prandi era ormai quasi alla rottura definitiva. Durante quella vacanza scrisse la sua commedia Sabato, domenica e lunedì. Contrariamente a quanto avveniva di solito, il testo fu pubblicato sul numero di ottobre della rivista «Sipario», prima della messa in scena. I critici poterono quindi giudicarla innanzitutto dal punto di vista letterario, prescindendo dall'interpretazione e dalla regia di Eduardo.
Come già avvenuto in Mia famiglia, affronta il tema del cambiamento dei rapporti tra le generazioni e all'interno della coppia, sullo sfondo ancora una volta la crisi del dialogo. Si tratta di una commedia corale in cui vengono rappresentate tre generazioni che convivono  e che assomigliano ad una compagnia teatrale, a cui si affiancano i vicini di casa, il fidanzato della figlia, la cameriera e suo fratello.

Rosa e Peppino Priore sono una coppia che appartiene alla borghesia benestante, lui è un commerciante con un negozio di abbigliamento ben avviato. Hanno tre figli, Roberto, già sposato, Rocco e Giulianella che vivono ancora in casa. Fanno parte della famiglia anche Antonio, padre di Rosa, Raffaele e Amelia (zia Memè), rispettivamente fratello e sorella di Peppino, e Attilio, figlio della zia Memè. I tre atti corrispondono alle tre giornate del titolo.


La commedia si  apre nella cucina di casa Priore, dove Rosa è intenta a preparare il «rituale ragù» per il pranzo della domenica. Con l'arrivo di Peppino iniziano a trasparire le prime avvisaglie dei malumori che si vivono in casa e che si accentuano quando Rosa annuncia che per il pranzo del giorno successivo sono stati invitati anche i vicini di casa, il ragioniere Ianniello e sua moglie Elena.

PEPPINO (contrariato) Uno aspetta la domenica per passare una giornata in famiglia… nossignore ci vogliono i signori Ianniello a tavola.

Altri motivi di tensione si manifestano tra suocero e genero, tra Rocco e suo padre, che non accetta il fatto che il ragazzo stia aprendo un negozio per conto suo, tra Giulianella, che ha partecipato, incoraggiata dalla zia Memè, ad un provino in  televisione, ed il fidanzato Federico che non approva. Quando arriva il ragioniere che porta dei polipi «che piacciono tanto a donna Rosa», Peppino ha uno scatto di nervi. L'atto si conclude, dopo l'ennesimo litigio tra marito e moglie, sulle lacrime di donna Rosa che, dopo aver giurato di non mettere più piede in cucina perché «tutto quello che faccio in questa casa è perduto», torna vicino ai fornelli dove sta cuocendo il ragù ed inizia a spezzare gli ziti per il pranzo del giorno dopo.

Nel secondo atto tutta la famiglia, oltre al ragioniere e sua moglie, si riunisce intorno alla tavola. Si verifica qui l'avvenimento più importante della commedia. Peppino, che inizialmente non partecipa al rito del ragù domenicale, ad un tratto lascia esplodere la sua ira nei confronti del ragioniere che, secondo lui,  rivolge troppe attenzioni a sua moglie Rosa e, al culmine della rabbia li accusa addirittura di avere una relazione. A questa affermazione Rosa reagisce, accusando a sua volta Peppino di trascurarla e di non apprezzare il modo in cui lei ha portato avanti la casa e la famiglia. Alla fine dello sfogo, a cui tutti assistono allibiti, sviene.

martedì 2 novembre 2010

Pier Paolo

Non li toccate
quei diciotto sassi
che fanno aiuola
con a capo issata
la «spalliera» di Cristo.
I fiori,
sì,
quando saranno secchi,
quelli toglieteli,
ma la  «spalliera»,
povera e sovrana,
e quei diciotto irregolari sassi,
messi a difesa
di una voce altissima,
non li togliete più.
Penserà il vento
a levigarli,
per addolcirne
gli angoli pungenti;
penserà il sole
a renderli cocenti,
arroventati
come il suo pensiero;
cadrà la pioggia
e li farà lucenti,
come la luce
delle sue parole;
penserà la «spalliera»
a darci ancora
la fede e la speranza
in Cristo povero.
[1975]
 Da 'O penziero e altre poesie (pag.38), Einaudi

Questa poesia, pubblicata sul quotidiano Paese Sera, fu scritta da Eduardo in occasione della morte di Pier Paolo Pasolini, ucciso all'idroscalo di Ostia la notte tra l'1 e il 2 novembre 1975. Eduardo ammirava Pasolini, con il quale aveva anche in cantiere la realizzazione di un film. Il progetto non fu mai realizzato per la morte prematura di Pasolini.