giovedì 11 marzo 2010

11 marzo 1932. Gennareniello

Nel 1932 i fratelli De Filippo erano impegnati al cinema teatro Kursaal dove, tra una proiezione e l'altra, rappresentavano sketch, scenette e atti unici che dovevano rinnovarsi continuamente. L'11 marzo 1932 misero in scena l'atto unico Gennareniello, scritto da Eduardo. Il titolo originario era Don Gennaro e Don Gennarino.
  
La scena si svolge sulla terrazza di una casa all'ultimo piano, da cui si vedono i tetti di Napoli. Concetta sta facendo il bucato e chiacchiera con Anna Maria, la giovane dirimpettaia. Gennaro è il marito di Concetta ed è un uomo anziano che sente il bisogno di evadere dal grigiore e dalla mediocrità che caratterizzano la sua esistenza scrivendo poesie e dilettandosi ad inventare marchingegni. La coppia ha un figlio, Tommasino, un ragazzo diciottenne viziato e  mammone che non perde occasione per provocare e fare dispetti alla zia Fedora, sorella nubile di Gennaro che vive insieme a loro. Fedora condivide con suo fratello la vena artistica ed infatti la troviamo impegnata a dipingere sulla terrazza. Per far quadrare i conti della famiglia, una stanza della casa è affittata a Matteo, maestro di disegno che sta aiutando Gennaro a realizzare il progetto della sua ultima invenzione: il meccanismo per impedire la foratura dei copertoni delle macchine; insieme stanno cercando di illustrare a Michele, un giovane ingegnere conosciuto da Gennaro, il funzionamento dell'apparecchiatura ma questi è distratto da Anna Maria, che li osserva dalla finestra. Gennaro si accorge dei segnali che i due si lanciano a distanza ma, nel momento in cui richiama Michele a prestargli attenzione, la ragazza, per prenderlo in giro, gli dichiara di non avere occhi che per lui. Matteo e Michele subentrano nel gioco e lo convincono a dare un bacio alla ragazza. In quel momento però esce sulla terrazza Concetta che reagisce.

ANNA MARIA: Donna Concetta… ma che volete dire? Questo è stato uno scherzo innocente…
CONCETTA: Innocente? Sicuro… io po' so' scema…
GENNARO: Ma tu fosse pazza…
CONCETTA: Mo so' pazza appriesso? Vedite… nu viecchio 'e chell'età!

Gennaro minaccia di andarsene di casa e allora intervengono Matteo e Michele che cercano di riportare la pace tra marito e moglie ma  finiscono invece per mettere in ridicolo Gennaro. La vista di suo marito con un cappello, un bastone ed un paio di calzini a fungere da guanti, trasformato in una macchietta dai due uomini, scatena la reazione di Concetta

CONCETTA: Ma vuie a chi credete 'e sfruculià…? Ma 'o sapite ca io femmena e bona tengo 'o core 'e ve piglià a pacchere a tte dduie… Maritemo è n'ommo serio… Maritemo è d' 'o mio e ghiatevenne!

Il finale vede la rappacificazione della coppia, anche se Tommasino ammicca al padre:

Papà… te piaceva 'a signurina, eh...?

La  famiglia di questo atto unico presenta molte similitudini con quella di Natale in casa Cupiello, il cui primo atto (il secondo attuale) fu scritto nel 1931. Oltre ai nomi  - la madre Concetta, il figlio Tommasino -  si possono riscontrare analogie nei caratteri e nelle relazioni che intercorrono tra i personaggi: il padre sognatore che si rifugia nel presepe o nelle poesie e le invenzioni; la madre che porta avanti la casa e che ha viziato il figlio; il ragazzo che discute con lo zio in un caso e con la zia nell'altro.
L'atto unico fu rappresentato per diverse stagioni consecutive, abbinato ad altri atti unici o a commedie in due atti. Eduardo interpretava Gennaro, Titina era Concetta, Peppino vestiva i panni di Tommasino mentre Tina Pica era Fedora. Nel 1939 Titina lasciò la compagnia dei fratelli e la commedia non fu più ripresa, anche perché ormai Peppino non era più credibile nei panni di un diciottenne.
Il pubblico apprezzò molto questa commedia agrodolce e la critica mise in evidenza soprattutto il fatto che Eduardo aveva travalicato i confini della farsa.


Nel 1952 Eduardo, insieme a Turi Vasile e a Diego Fabbri, scrisse la sceneggiatura per un episodio del film Marito e Moglie, tratta dall'atto unico. Gli interpreti rimasero gli stessi, tranne che per il ruolo di Tommasino, il cui carattere viene mitigato e diventa qui un ragazzo attaccatissimo a sua madre e un po' ritardato a causa di una malattia. Per interpretarlo Eduardo scelse un ragazzo handicappato poiché, come scrive Paola Quarenghi nella sua nota storico-teatrale nella Cantata dei Giorni Pari (Mondadori, I Meridiani): «Eduardo […] all'epoca amava combinare nei suoi film soluzioni teatrali con altre quasi documentaristiche».

Nel 1978 la commedia viene registrata per la televisione, con scene e costumi di Raimonda Gaetani, Pupella Maggio nel ruolo di Concetta, Marina Confalone in quello di Fedora e Luca De Filippo che interpreta Tommasino. Eduardo la riprese poi nel 1980 insieme a Sik-Sik e a Dolore sotto chiave per il suo addio alle scene. In quella occasione Aggeo Savioli scrisse su L'Unità:

«A Calvero e a Chaplin, anche, ci faceva pensare Eduardo in Gennareniello, quando semiaccasciato sulla sedia, gli occhi chiusi, e offrendosi inerme ai suoi sbeffeggiatori, il personaggio, d'improvviso, "accetta d'invecchiare", ed è come se entrasse nell'anticamera della morte: un mirabile silenzio protegge allora, quasi dissipando il chiacchiericcio circostante, la maschera inimitabile dell'interprete, trasformandola in un emblema vivente della sofferenza e della dignità umana».


Bibliografia
Eduardo De Filippo - Teatro, vol. I, a cura di Nicola De Blasi e Paola Quarenghi (I Meridiani - Mondadori)
Eduardo De Filippo - Cantata dei Giorni pari, a cura di Anna Barsotti (Einaudi)


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