lunedì 26 aprile 2010

26 aprile 1957. De Pretore Vincenzo

Nel 1948 Eduardo scrisse un poemetto intitolato Vincenzo De Pretore, pubblicato nel 1950 sulla rivista "Sipario". Nel 1951 fu incluso nella raccolta di poesie "Il Paese di Pulcinella", nel 1971 nel volume "'O canisto" e nel 1975 nella raccolta "Le poesie di Eduardo".
Nel 1952 Giuseppe Marotta e Domenico Paolella ne ricavarono la sceneggiatura per un film, diretto da Paolella e interpretato da Nino Taranto, dal titolo Un ladro in Paradiso che non ebbe però successo.

Quello stesso anno Luciano Lucignani, regista e critico teatrale dell'Unità, propose per la prima volta a Eduardo di scrivere una commedia ispirata al poemetto. In quel periodo però Eduardo non poté dedicarsi al progetto, che fu rimandato. Nel 1957 Lucignani tornò a chiedergli la commedia per una compagnia di giovani attori, tra i quali Achille Millo e Valeria Moriconi. Essendo impegnato a Parigi per la messa in scena di Questi fantasmi!, Eduardo si fece raggiungere da Lucignani il quale, oltre che  in qualità di aiuto-regista, lo affiancò nella stesura della commedia, che venne poi completata al loro rientro in Italia.

La storia affronta il tema dei figli di N.N., come già avvenuto in Filumena Marturano - anche se questa volta raccontata dal punto di vista dei figli - e quello del rapporto con l'aldilà.
Roberto De Simone, nel suo saggio Linguaggio e tradizione nel teatro di Eduardo, ipotizza che Eduardo possa essersi ispirato per questo poemetto ad una storia popolare tramandata da Alexandre Dumas, in cui venivano raccontate le imprese del brigante Mastrillo, accolto in Paradiso poiché in vita era stato devoto di San Giuseppe. Eduardo ha sempre affermato di non conoscere questo racconto anche se, nel 1981, rispondendo ad una accusa di plagio riferita a De Pretore, affermò che tra le tante storie che la nonna materna gli raccontava da bambino, una in particolare gli era rimasta nella mente, ed era molto somigliante al racconto di Dumas. «Io non so se la storia di mia nonna derivasse dal racconto […] oppure no, può darsi; le storie, allora si tramandavano di padre in figlio, specialmente tra la gente del popolo, e quindi può essere arrivata a mia nonna con delle modifiche, o può essere stata modificata da lei stessa». Anche un episodio a cui Eduardo assistette ancora giovanissimo, in un'aula di tribunale in cui erano sotto processo tre ragazzi, probabilmente gli diede qualche spunto. «Tornai diverse volte al Tribunale […]. A poco a poco, misi insieme una folla di diseredati, di ignoranti, di vittime e aguzzini, […] di angeli creduti diavoli e diavoli creduti angeli. Quando [rimango] a lungo solo […] è con quella gente che io continuo a parlare e ragionare, ascoltando i loro casi, le loro aspirazioni, seguite troppo spesso da delusioni e immancabili proteste».
Questa vicende dovette senz'altro ispirare le sue iniziative volte al recupero dei ragazzi detenuti nei carceri minorili, intraprese quando nel 1981 fu nominato senatore a vita.

Il poemetto da cui Eduardo trasse la commedia racconta di un uomo che fa il ladro per necessità:

«De Pretore Vincenzo s'arrangiava.
Campav' 'a bona 'e Dio, comme se dice.
Figlio di padre ignoto, senz' amice
Facev' 'o mariuolo pe' campà»

Durante uno scippo viene ferito e, mentre si trova in agonia, ha una visione dell'aldilà. Essendo stato devoto di san Giuseppe ed avendo sempre compiuto i suoi furti convinto di essere protetto dal santo, una volta morto pretende di essere accolto in Paradiso. In un primo momento il Padreterno non intende farlo entrare ma poi, convinto da san Giuseppe ad ascoltarne le ragioni, si rende conto che Vincenzo, per la sua condizione di figlio di padre ignoto, si è ritrovato suo malgrado a condurre una vita da fuorilegge. Lo accoglie quindi in Paradiso, vincendo anche la resistenza degli altri santi, diffidenti nei confronti del nuovo arrivato. A quel punto però De Pretore, che nel delirio scambia il poliziotto che tenta di interrogarlo con il Signore, muore.

«Credenno ca parlava c' 'o Signore
nzerraje pè sempe ll'uocchie De Pretore».

Eduardo compone la commedia, intitolata De Pretore Vincenzo, con l'anteposizione del cognome al nome, elemento che caratterizza il linguaggio burocratico, suddividendola non in atti, bensì in due parti e sei quadri, due nella prima e quattro nella seconda. Viene dato maggiore spazio alle vicende terrene di Vincenzo che precedono il suo delirio e la sua morte. Vengono introdotti vari personaggi, primo fra tutti quello di Ninuccia, la ragazza innamorata di De Pretore e che lo farà avvicinare al culto di san Giuseppe, la portinaia, don Peppino il tabaccaio e vari venditori ambulanti e passanti che animano i vicoli in cui si svolge la storia. Vincenzo stringe un patto con la statua del santo, al quale promette lumini e candele in cambio della sua protezione. Lui dal canto suo si impegna a derubare soltanto i ricchi. I dialoghi vengono italianizzati rispetto al poemetto, essendo la commedia destinata ad una compagnia la cui attrice ed interprete principale non era napoletana.
Soprattutto la seconda parte, quella ambientata nel Paradiso durante la visione di Vincenzo agonizzante, viene modificata più volte. Nelle prime versioni infatti la rappresentazione del mondo ultraterreno è molto vicina a quella del mondo reale; nel suo delirio Vincenzo identifica il Signore con un ricco signorotto di Melizzano, suo paese natale, e di cui, in cuor suo, è convinto di essere figlio. Il finale è un amaro e brusco ritorno alla realtà che riporta la scena nella stanzetta del pronto soccorso in cui De Pretore muore di fronte al poliziotto che lo sta interrogando e a Ninuccia, l'unica che lo abbia amato.

A causa degli accostamenti tra sacro e profano, la commedia ebbe qualche problema con la censura che, soltanto dopo l'apportamento di alcune modifiche, diede il visto per la  rappresentazione. Il debutto, con la regia di Lucignani supervisionata dallo stesso Eduardo e con le scene ed i costumi di Titina, avvenne a Roma il 26 aprile 1957 al Teatro dei Servi. Questo era un teatro parrocchiale appena rinnovato ed ampliato, di proprietà dei padri Serviti ed affittato ad un impresario napoletano, Salvatore De Marco. Al debutto la critica non fu particolarmente favorevole; in particolare non convinse la seconda parte, anche se il pubblico la apprezzò. Dopo quattro repliche tuttavia lo spettacolo fu sospeso da agenti della polizia che giustificarono il provvedimento con la mancanza del nulla osta da parte del Vicariato, necessario dal momento che le rappresentazioni avvenivano in una sala parrocchiale. Anche se non ufficialmente, con tutta probabilità fu lo stesso cardinale vicario di Roma ad intervenire, giudicando la commedia offensiva nei confronti della morale cattolica. Questa sospensione suscitò molte polemiche e la stampa di sinistra si schierò a favore di Eduardo, che intervenne per difendere  il suo lavoro:

«Cado dalle nuvole. Mi seccherebbe parecchio se fosse confermato che la motivazione della decisione è quella di offendere la morale cattolica. Penso che il contenuto del mio lavoro non solo sia morale ma anche profondamente cristiano»(La Gazzetta di Parma, 3 maggio 1957)

E ancora:

«[…] ingiuste, incresciose [sono le] accuse che il Vicariato ha lanciato contro la mia commedia che, per altro, ha avuto il visto regolare della censura italiana, l'unica che io, cittadino italiano, sono tenuto a riconoscere. Con soddisfazione  ho constatato come lei abbia capito e sottolineato il senso più profondo del mio De Pretore che, lungi dall'offendere la religione e la morale cattolica, "denuncia" - come lei ben dice - un certo modo di concepire l'una e l'altra»(Lettera a Nicola Ciarletta, che aveva difeso la commedia sul quotidiano Il Paese)

La commedia riprese le repliche il 14 maggio al teatro Valle ma non riscosse grande successo. Eduardo apportò diverse modifiche, sia in occasione dell'edizione a stampa, che uscì quello stesso anno, sia quando la commedia fu riportata in scena nella stagione 1961-62.
Nel 1975 Eduardo ne realizzò l'edizione televisiva, modificandola ulteriormente. In questa versione il Paradiso sognato da Vincenzo viene rappresentato con le caratteristiche di un presepe napoletano, riproponendo la piazzetta ed i vicoli della prima parte popolati dai santi, impersonati dagli stessi attori che interpretavano i personaggi del mondo reale. Potendo inoltre avvalersi di attori napoletani, viene recuperato anche il dialetto che caratterizzava il poemetto. Il ruolo di Vincenzo fu affidato a Luca De Filippo, Angelica Ippolito interpretò Ninuccia e Mario Scaccia il Signore. Eduardo interpretò il personaggio di don Peppino il tabaccaio nei primi quadri e san Giuseppe nel Paradiso sognato da De Pretore. Sfruttando le possibilità offerte dal mezzo televisivo, Raimonda Gaetani realizzò delle scenografie di grande effetto e certamente più elaborate rispetto a quelle delle rappresentazioni teatrali. La musica, bellissima ed estremamente suggestiva, fu composta da Roberto de Simone.
Questa versione rielaborata per la televisione, che recupera le radici popolari che ispirarono il poemetto, è quella che fu inclusa nell'ultima e definitiva edizione della Cantata dei giorni dispari.


Bibliografia
Eduardo De Filippo, Teatro, Vol. III, a cura di Paola Quarenghi e Nicola De Blasi (Mondadori - I Meridiani)
Eduardo De Filippo, Cantata dei Giorni Dispari, Vol. II, a cura di Anna Barsotti  (Einaudi) 

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