La
compagnia Il Teatro Umoristico I De Filippo inaugurò la stagione teatrale 1932-33 al teatro
Sannazzaro di Napoli portando in scena l'8 ottobre la
commedia in due atti Chi è cchiù felice 'e me!.
La rappresentazione riscosse un grande successo, tanto che rimase in cartellone
al Sannazzaro per sette mesi. Sulla scia di questo consenso i fratelli De
Filippo affrontarono le scene dei teatri italiani, prima recitando a Bari ed in
altre città del sud, successivamente anche al centro e al nord. La commedia
infatti fu rappresentata con grande successo a San Remo, Torino, Bologna, Roma,
Milano. Iniziarono ad essere considerati non più attori esclusivamente
dialettali. A fronte del grande apprezzamento da parte del pubblico, i critici,
pur riconoscendo le doti e le ottime capacità di Eduardo, Titina e Peppino, non
ne apprezzavano il repertorio, ritenendo che fossero ormai pronti per
affrontare una drammaturgia più impegnata. La commedia, scritta da Eduardo con
lo pseudonimo di Molise nel 1929, era stata etichettata come appartenente ad un
repertorio puramente dialettale e poco innovativo. Eduardo però in seguito ne
rivendicò la modernità, soprattutto nel finale:«Chi è più felice di me […] fu un trionfo, anche perché
rappresentava una rottura con il vecchio teatro, dove non s'era mai visto un
finale nel quale l'attor giovane prendeva l'attrice, la sollevava, la
rovesciava su un tavolo e ci si buttava addosso».
La commedia è divisa
in due atti e nove scene. Eduardo utilizza didascalie molto essenziali e
sintetiche che lasciavano spazio alle improvvisazioni degli attori durante la
rappresentazione.
La
vicenda è ambientata a Caivano, in campagna ed il dialetto non è il napoletano
ma piuttosto quello parlato dai contadini campani. Il protagonista, Vincenzo,
ha impostato tutta la sua esistenza sul convincimento che nulla di male può
accadergli poiché nella sua vita ha previsto ogni eventualità, evita ogni
rischio ed ha sposato una donna «assignata, economica e pure bella». Vive nella mediocrità che però, a suo dire, gli
garantisce la tranquillità; come ripete ai suoi amici: «che me po' succedere a
me?». L'elemento imprevisto però
irrompe nella sua casa nelle vesti di Riccardo, un uomo che arriva da Napoli,
città di perdizione, dove le donne girano truccate e seminude. L'uomo è
inseguito dai carabinieri perché durante una rissa ha sparato al suo avversario.
Costringe quindi Vincenzo a nasconderlo dagli agenti che stanno girando in
tutte le case del paese. Nel secondo atto è visibile la trasformazione avvenuta
in casa di Vincenzo: la moglie Margherita non si cura più della casa e del
marito e in paese circolano voci secondo le quali sarebbe nata una
relazione tra lei e Riccardo, che nel frattempo non è stato arrestato perché
aveva sparato per legittima difesa, ferendo l'uomo senza ucciderlo. Quando
Vincenzo apprende di queste voci, decide di affrontare il rivale ma deve
ricredersi quando assiste di nascosto ad una conversazione tra Riccardo e
Margherita. La donna afferma la sua fedeltà al marito e chiede allo spasimante
di lasciarla in pace. Nel finale però, mentre lo prega insistentemente di partire
e di non tormentarla più, con un capovolgimento della situazione gli butta le
braccia al collo, tra lo smarrimento di Vincenzo che assiste insieme ai suoi
compaesani alla scena.
Il tema delle corna
in questa commedia serve da pretesto per rappresentare l'impossibilità per
l'uomo di prevedere e controllare gli eventi della vita che non ci permette di
proteggerci dagli imprevisti e dal caso. Vincenzo è un personaggio che sembra
anticipare altri "illusi" del teatro di Eduardo, come ad esempio Luca
Cupiello, Pasquale Lojacono o Calogero Di Spelta, uomini che di fronte alle
prove cui la vita li sottopone non vedono, o fingono di non vedere la realtà.
La
commedia rimase nel repertorio del Teatro Umoristico fino al loro scioglimento, avvenuto nel 1944. Fu ripresa da
Eduardo nel 1948. Nel 1964 ne fu realizzata l'edizione televisiva, con Valeria
Moriconi nella parte di Margherita. Nel 1983 fu messa in scena dalla Compagnia
di Luca De Filippo, con la regia dello stesso Eduardo che, durante le
rappresentazioni al Teatro Diana di Napoli, morì a Roma il 31 ottobre.
Bibliografia
Eduardo
De Filippo, Teatro, Vol. I, a cura di Paola Quarenghi e Nicola De Blasi
(Mondadori - I Meridiani)
Eduardo De Filippo, Cantata dei Giorni Pari, a cura di Anna
Barsotti (Einaudi)
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