mercoledì 5 ottobre 2016

Essere figli d'arte

«Con orgoglio penso sempre di essere la terza generazione di una famiglia che si occupa di teatro: Eduardo Scarpetta, Vincenzino Scarpetta, tutte le mogli, mia zia Titina, il marito di mia zia Titina, mio zio Peppino, Luigi, io, ecco, è tutta una famiglia. Questo mi rende orgoglioso. [...] Molto spesso si scambia il mestiere dell'attore con un fatto di visibilità, cioè far parte di un mondo che chissà cos'è, mentre invece essere figli d'arte vuol dire essere coscienti del fatto che quel mestiere ce l'hai.
Francesco Canessa racconta che quando Titina fece al San Carlo la prima di Napoli milionaria!, era una mattina e tutti i teatri di Napoli erano requisiti. Provarono nel salotto di casa di Titina, non come oggi che si fanno tre o quattro mesi di prove. Misero in scena il testo in quindici giorni, nel salotto di casa. Poi andarono al San Carlo, entrarono di notte, smontarono le scene di un'opera lirica e montarono le loro piccole scene. Tennero la prova generale alle quattro del mattino, alle undici fecero lo spettacolo e alle due se ne andarono perché dovevano montare l'altro spettacolo. Fu un enorme successo, una commozione enorme.
Titina, uscendo dal teatro, disse a suo marito Pietro: "Pietro, a casa non abbiamo niente da mangiare, passiamo un momento all'alimentari e compriamo qualcosa". Se ne andarono a casa a mangiare.
Ecco, questo è il senso che hanno le famiglie d'arte: con i piedi per terra e basta. Nient'altro».

Dall'intervento di Luca De Filippo al Convegno
"Eduardo De Filippo e il teatro del mondo", 23-24 ottobre 2014,
ora negli atti del Convegno "Eduardo De Filippo e il teatro del mondo",
a cura di Nicola De Blasi e Pasquale Sabbatino, editore Franco Angeli


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