«Si dice che nella vita dell'uomo c'è un punto di partenza ed un punto di arrivo, di solito riferiti all'inizio e alla fine di una carriera. Io, invece, sono convinto del contrario: il punto di arrivo dell'uomo è il suo arrivo nel mondo, la sua nascita, mentre il punto di partenza è la morte che, oltre a rappresentare la sua partenza dal mondo, va a costituire un punto di partenza per i giovani.
Perciò a me la morte m'incuriosisce, mi sgomenta, ma non mi fa paura, perché la considero la fine di un ciclo - il mio ciclo - che però darà vita ad altri cicli legati al mio. Soltanto così, anche se non crediamo in un dio al di fuori di noi, possiamo sperare nell'immortalità. Non quella clamorosa d'un Dante o d'un Leonardo, ma pur sempre immortalità, in quanto qualcosa di noi viene trasmesso ad altri esseri umani, giovani, i quali, a loro volta, dopo aver esaminato il "lascito" e scartato quello che non gli serve, alla fine del loro ciclo passeranno la mano [...] ad altri giovani.
I cicli, sempre uguali e sempre diversi, si susseguono, accogliendoci tutti nella loro inarrestabile evoluzione. Una immortalità umana, quindi limitata, ma all'uomo è stato concesso il dono di sognare, che non è poi piccola cosa...
Dunque, questi miliardi di punti di partenza, che miliardi di esseri umani, morendo, lasciano sulla terra, sono la vita che continua. La vita che continua è la tradizione. Se un giovane sa adoperare la tradizione nel modo giusto, essa può dargli le ali. [...] Naturalmente, se si resta ancorati al passato, la vita che continua diventa vita che si ferma - e cioè morte - ma, se ci serviamo della tradizione come d'un trampolino, è ovvio che salteremo assai più in alto che se partissimo da terra!»
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