martedì 19 gennaio 2010

19 gennaio 1940. La parte di Amleto

La parte di Amleto è un atto unico che Eduardo scrisse nel 1939 mentre si trovava con la sua compagnia a Milano, al Teatro Nuovo.
Andò in scena per la prima volta il 19 gennaio 1940 al Teatro Odeon di Milano con la Compagnia Il Teatro Umoristico I De Filippo, della quale facevano parte in quell'epoca i due fratelli; Titina infatti era tornata al teatro di rivista con la compagnia di Nino Taranto.
Come in altri suoi lavori, Eduardo in questo atto unico rappresenta il mondo del teatro; il protagonista è Franco Selva, un vecchio attore, ex capocomico di provincia che, rimasto senza lavoro, si è ridotto a fare il servo di scena per una compagnia di attori che sta mettendo in scena l'Amleto in "un qualunque teatro di Napoli". È spesso vittima degli scherzi dei giovani attori della compagnia. Soltanto Rita, una giovane aspirante attrice non si lascia coinvolgere dai suoi colleghi, anzi è l'unica con cui Franco riesce a parlare seriamente dei suoi trascorsi in palcoscenico e della vita del teatro, trasmettendole la sua umile esperienza. Quando scoppia un litigio tra la prima attrice Adele Capecchio ed il primo attore Renato Cartis, l'impresario, stanco dei loro capricci da primedonne e dei magri incassi che la compagnia realizza al botteghino, caccia il primo attore. Questi, istigato anche dai compagni, fa credere al povero Franco Selva che sarà lui a sostituirlo nella parte del Principe di Danimarca. Franco, che non aspetta altro che tornare sul palcoscenico, corre a prepararsi e si presenta pronto per la sua interpretazione:

[…] In questo momento Franco è vestito da Amleto. Il maglione nero è troppo largo per le sue gambette stecchite. Anche la giubba è troppo grande per lui. Sui suoi capelli bianchissimi ha messo una parrucca a buccoli, il suo volto è spalmato di cerone troppo rosa. Dovrà sembrare un morto imbalsamato. Gli attori e Rita si accorgono della sua presenza. Questo spettacolo non li farà ridere, anzi susciterà in loro una profonda pena. Franco li guarda e quasi si pavoneggia come per dire: Sto bene?

Nel frattempo l'impresario ha ricomposto il litigio con il primo attore che è andato anche lui a prepararsi per andare in scena; quando vede Franco e si rende conto della beffa ordita ai suoi danni, gli offre cinquanta lire per ringraziarlo della disponibilità, ma il vecchio attore umiliato le rifiuta. L'atto si conclude con Franco che dietro le quinte viene illuminato da un riflettore, mentre sul palcoscenico inizia la rappresentazione.

Il tema della vita del teatro e degli attori è particolarmente caro a Eduardo. Questo atto unico è stato scritto peraltro in un periodo in cui, per l'affermarsi di altre forme di spettacolo, come ad esempio il cinema, e per gli interventi del regime fascista, molte piccole compagnie che recitavano prevalentemente in provincia, si sciolsero lasciando molti attori nella necessità di reinventarsi un mestiere ed anche privando il pubblico di paesi non raggiunti dalle compagnie nazionali della possibilità di assistere a spettacoli teatrali. In questo lavoro Eduardo sembra voler ricordare queste realtà oramai scomparse, contrapponendo la figura di Franco Selva a quelle degli attori "moderni", capricciosi ed egocentrici, non più impresari di se stessi ma legati più che altro ad un sistema burocratico.

Bibliografia
Cantata dei giorni pari,  a cura di Anna Barsotti (Einaudi)
Eduardo De Filippo - Teatro, vol. I, a cura di Nicola De Blasi e Paola Quarenghi (I Meridiani - Mondadori)


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