venerdì 28 settembre 2012

Tommaso D'Amalfi


Nel 1963 Eduardo non portò spettacoli in teatro con la sua compagnia e svolse la sua attività principalmente in ambito televisivo. Realizzò infatti per la RAI lo sceneggiato in sei puntate Peppino Girella, tratto da una novella scritta dalla moglie Isabella, oltre a registrare un secondo ciclo di sue commedie. Curò inoltre la regia lirica del Don Pasquale di Donizetti per il Festival di Edimburgo.

Quell’anno tuttavia scrisse un dramma in musica di ambientazione storica dal titolo Tommaso d’Amalfi, ispirato alla figura di Masaniello, il protagonista della rivoluzione napoletana del 1647. Compì preliminarmente accurate ricerche, consultando esperti e fonti autorevoli che lo aiutarono a delineare il quadro storico della vicenda. Il testo fu scritto per la compagnia della Commedia Italiana di Domenico Modugno il quale, oltre a vestire i panni di Masaniello, fu anche autore delle musiche e produttore dello spettacolo.

In estrema sintesi, la storia è quella della rivolta sollevata a Napoli nel 1647 dal pescivendolo Tommaso Aniello D’Amalfi per ribellarsi alle tasse che vessavano il popolo, al grido di «Viva il Re di Spagna, mora il mal governo! Senza gabelle!». Quando scoppia la sollevazione il Viceré si vede costretto a fare delle concessioni. Consigliato dal cardinale Filomarini tuttavia, riesce a tendere un tranello a Masaniello; lo convoca infatti per firmare il trattato di pace e gli fa pervenire un magnifico abito che egli dovrà indossare per recarsi a palazzo. Masaniello, insospettito, è riluttante a vestire quei panni tanto preziosi con i quali sente di tradire la sua origine di uomo del popolo; il cardinale però lo convince della necessità di accettare il dono, facendo leva anche sulla religiosità dell’uomo.

IL CARDINALE:  […] Il Vicerè ha creduto di rendere omaggio al popolo napoletano e a te, invitandoti a corte. Chi credi di essere? Dove credi di essere arrivato? Rifiuta pure l’invito, disprezza l’omaggio, ma non potrai evitare la scomunica che il pastore del popolo farà cadere sulla tua testa di pietra».

Quando il popolo lo vedrà con indosso un tale abito, inizierà a diffidare di lui ed il Vicerè approfitterà per spargere la voce che Masaniello è impazzito.
Vistosi abbandonato da tutti reagisce in maniera violenta e, dopo essere stato arrestato dalle guardie del Vicerè, viene ucciso. Soltanto al funerale il popolo si renderà conto, ammonito dalla voce di Masaniello ormai morto, di aver subito una volta di più gli inganni di chi detiene il potere.

MASANIELLO
Lassateme durmì n’ati cient’anne,
e n’ati ciento ancora… e n’ati mille!
Quante cchiù ne mettite ‘a copp’ a chille
tanta pace me date.
Gente!
Popolo ‘e scarpe rotte e mangia pane,
folla d’uocchie arrussate e accatarrate…
cheste miserie voste a chi ‘e cuntate?
Io songo morto acciso, e chi m’ha acciso?
Gente!
Popolo muorto ‘e famme e fosse nfaccia,
quando strillate forte ‘o nomme mio
e sentite presente… non songh’io,
stateve attiente.
Gente!
‘E sento ‘e voce voste lamentose,
voce straziate ‘e mamme e de mugliere…
lacreme ‘e sanghe dint’ a li galere…
Lu tiempo passa e vola.
Gente!
Lu siente lu cannone?
Mo non so’ cchiù archibugie,
songo mitragliatrice…
E la forca se spassa,
e lu prevete te benedice.
Gente!
L’aeroplano lu siente?
Gente!
La mitraglia va a vento.
Gente!
Lu tiempo vola e passa.
Gente!
E la forca se spassa.


A proposito della conclusione amara di questo dramma, Anna Barsotti commenta con questa riflessione: «[…] Eduardo, da sempre critico nei confronti del “napoletano immobile”, ignorante e superstizioso anche se dotato di cuore e di immaginazione, capovolge il finale delle sue opere di ascendenza fiabesca, non senza comunque rilevare le colpe dei carnefici, insieme alle responsabilità delle vittime».

Domenico Modugno e Liana Orfei
Lo spettacolo debuttò al teatro Sistina di Roma l’8 ottobre 1963 con la regia di Eduardo. Il notevole impegno economico che Modugno si trovò a sostenere per l’allestimento, dovuto in particolare al gran numero di attori scritturati tra protagonisti e comparse, fin dalla fase delle prove contribuì a creare qualche tensione tra Eduardo e Modugno. Il primo sentì di dover ribadire quale fosse il suo collaudato metodo di lavoro che lo portava ad assumersi la completa responsabilità della guida e della conseguente riuscita dello spettacolo, precisando quali fossero i confini tra i loro ruoli, anche al fine di evitare di trasmettere ansie e disorientamento tra i membri della compagnia. Tra gli interpreti vi erano Liana Orfei nei panni della moglie di Masaniello, Giustino Durano, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Antonio Casagrande, Gennarino Palumbo e molti altri.

I pareri della critica non furono unanimi: ci fu chi lo giudicò in maniera estremamente positiva e chi invece, come Renzo Tian, vide nella ricostruzione storica fatta dall’autore una nota di populismo che ne inficiava il valore. Dopo le prime due repliche Eduardo si persuase a tagliare diverse scene dello spettacolo che, originariamente, aveva una durata di quasi quattro ore. A pochi giorni dal debutto a Milano, avvenuto il 13 dicembre, Modugno si rese conto che l’impegno economico rischiava di diventare troppo oneroso, pur constatando un discreto riscontro da parte del pubblico. Prese quindi la decisione di sciogliere la compagnia e di sospendere definitivamente lo spettacolo che non sarà mai più rimesso in scena.


Bibliografia
Eduardo De Filippo, Teatro, Vol. III, a cura di Paola Quarenghi e Nicola De Blasi (Mondadori - I Meridiani)
Eduardo De Filippo, Cantata dei giorni dispari, Vol. III, a cura di Anna Barsotti (Einaudi)
Fiorenza Di Franco, Le commedie di Eduardo (Biblioteca Universale Laterza)

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